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Il Tribunale di Napoli ha riconosciuto lo status di rifugiato a Isabella, donna transgender di origine brasiliana. La decisione, attesa da anni, è stata comunicata tramite l’avvocata Mara Biancamano, responsabile legale per Antinoo Arcigay Napoli.    
Dopo anni di attesa e ansia, oggi ho tirato un sospiro di sollievo. Sapere che posso vivere in serenità sia fisicamente che psicologicamente è una grande gioia”, commenta Isabella. “Il Brasile – sottolinea in una nota diffusa da Antinoo Arcigay – è un Paese bellissimo, ma per noi della comunità Lgbt è estremamente pericoloso. Viviamo in costante pericolo a causa dell’omofobia e dell’odio, in particolare verso le persone transgender. C’è il rischio costante di uscire di casa, magari per fare la spesa, e non farvi più ritorno, di essere uccise, come è già successo a tante ragazze transgender che conoscevo. Purtroppo, il Brasile è un Paese dove le persone transgender non possono vivere una vita serena, dove le nostre vite non valgono nulla”.    
Il decreto del Tribunale di Napoli – secondo quanto viene riferito – accoglie la richiesta di protezione “proprio in virtù del clima di odio transfobico documentato in Brasile. Il Giudice ha ritenuto la storia di Isabella pienamente coerente con i fenomeni di intolleranza diffusa nel Paese sudamericano. Nonostante l’adozione di specifiche leggi a tutela delle persone Lgbtqia+ (in ambito lavorativo, sanitario, ecc.) e una recente pronuncia del 2019 del Tribunale Superiore Federale che equipara la discriminazione basata su genere e orientamento sessuale al reato di razzismo, persiste una violenza radicata contro la comunità Lgbtqia+.    
Il Tribunale ha inoltre sottolineato che “la gravità della situazione e il rischio corso dalle persone Lgbtqia+ in Brasile non potevano essere disconosciuti per le vicende giudiziarie personali di Isabella, né vi erano ragioni di sicurezza nazionale o ordine pubblico ostative alla sua permanenza in Italia”. Il giudice ha riconosciuto esplicitamente il lavoro svolto dall’associazione Antinoo Arcigay Napoli, che ha sostenuto Isabella psicologicamente e legalmente fin dal periodo della sua detenzione. Un impegno che, si legge nel decreto, “attesta in modo chiaro l’impegno di Isabella a reinserirsi nella società lasciandosi alle spalle le sue traumatiche esperienze giudiziarie”.
 
Antinoo Arcigay evidenzia che “questo riconoscimento rappresenta un risultato importante per l’attività della nostra associazione, che ha seguito Isabella attraverso un lavoro sinergico dei sportelli “Al di là del muro“, in supporto alle persone LGBTQIA+ detenute e “Migrantinoo”, sportello di aiuto a persone migranti LGBTQIA+. È stato proprio rivolgendosi allo sportello “Al di là del muro”, attivo 4 volte a settimana nei carceri di Secondigliano (sez. Protetta Le Sirene) e Poggioreale (sez. Protetta Salerno sinistro omosex), a cura degli attivisti Rosa Rubino e Pasquale Ferro, che Isabella ha iniziato il suo percorso di supporto. Priva di permesso di soggiorno, si era rivolta allo sportello per essere supportata dopo aver ricevuto un provvedimento di espulsione al termine della sua pena detentiva. Successivamente, presa in carico dallo sportello “Migrantinoo” di Antinoo Arcigay Napoli, dedicato alle persone migranti LGBTQIA+ e curato dagli attivisti Daniele Giunta e Mara Biancamano, Isabella ha ottenuto l’annullamento del provvedimento di espulsione. Ha quindi presentato la richiesta di protezione internazionale basata sul clima di odio e violenza contro le persone LGBTQIA+ in Brasile, giungendo finalmente all’ottenimento dello status di rifugiato e alla possibilità di iniziare una nuova vita serena e al sicuro. Daniela Lourdes Falanga, responsabile delle politiche Trans di Antinoo Arcigay Napoli, commenta: “Quanto si può realizzare nelle carceri attraverso le reti di operatori volontari è fondamentale. Dove l’istituzione è lenta, estremamente burocratizzata, si creano spesso vuoti incolmabili, e chi vive la pena come persona trans rischia di rimanere isolata. Se la persona trans è migrante, e spesso arriva dagli inferni dei loro Paesi, la questione diventa davvero infernale. Allora è determinante realizzare un’assistenza che possa nutrire il passaggio della pena con una vera alternativa e, in casi particolari, consentire la permanenza nel nostro Paese affinché non ci si ritrovi con il fine pena e il rischio della vita. Un lavoro formidabile è stato fatto e attendiamo altre risposte per garantire la vera dignità a chi, come persona trans, uscendo dal carcere, trovi finalmente la pace.”