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Napoli – Ha ammesso di far parte di un gruppo di “fratellanza islamica” denominato Deira Islamie. È partito dal Gambia nel 2016, ma, dice sentito dai pm napoletani il 20 giugno scorso, giorno del suo fermo, «non sapevamo che saremmo andati in Libia». Ousman Sillah, o meglio, Asu Sillah, come è nato prima di “ribattezzarsi” essendo diventato “combattente di Dio”, il gambiano arrestato a Napoli per Terrorismo, è inchiodato alle sue responsabilità di potenziale attentatore in Europa da molti elementi raccolti dagli investigatori del Ros dei carabinieri e dalla Digos di Napoli, non solo dalle rivelazioni di un suo connazionale arrestato il 20 aprile scorso, Alangie Touray, Quando i pm gli domandano se questo gruppo aveva una missione o un progetto, la sua risposta è questa: «Lo scopo della fratellanza non era violento. Questo gruppo è nato per consigliare i musulmani su come comportarsi, o per aiutare finanziariamente chi ha bisogno». Eppure, ammette, in Libia 14 di loro, compreso Touray, sono andati in un campo di addestramento militare dove «mi hanno chiesto di fare degli allenamenti. Ho condotto addestramenti da soldato. Sono stato addestrato all’uso delle armi, in particolare con gli AK17», potenti fucili mitragliatori, armi da guerra e da Terrorismo. Li’ ha «svolto 4 mesi di formazione», quella che, come racconta in una telefonata intercettata con la sua compagna nel pomeriggio del 19 giugno scorso, quando gli investigatori coordinati dalla procura lo attirano a Napoli, lo ha portato a poter dire di essere «Ntemu Allah Soldierlo le ti (io sono soldato di dio) già sapevi questo!». «Ho visto un tuo video, quando ho visto il video ho pianto tutta la notte, sei cambiato totalmente», dice la donna. «La situazione è cambiata, questa qui non è la stessa situazione di quando ero in Gambia», le risponde Ousman. Nelle 79 pagine dell’ordinanza emessa dal gip Anna Laura Alfano, c’è anche spazio per l’esame dello stato psichico dell’uomo, che parte dalla «Nota clinica relativa al caso del Signor Sillah», redatta il 15 giugno 2018 a Lecce, uno dei centri in cui Sillah è ospitato dopo il suo approdo in Italia, via Palermo, dove giunge su nave francese, nel 2017 come richiedente asilo. «Appare opportuno soffermarsi sulla relazione, sia perché delinea un quadro allarmante della personalità del Sillah sia perché offre importanti elementi di riscontro alla impostazione accusatoria. Ed invero emerge come gli atteggiamenti psicotici del Sillah, trovino fondamento in un sostrato di fede religiosa connotata da evidenti profili di alterazione delirante», scrive il gip. «Ricorrenti sono i riferimenti al piano mistico, quando parta di Allah e di spiriti – spiegano i medici che lo hanno visitato – che attraverso voci esterne e interne a sé, gli parlano indicando la strada, separando il giusto dallo sbagliato, ordinando riti da compiere», cosicché il suo è un «pensiero di tipo delirante, con tratti dominanti mistici e religiosi». Sillah fa anche uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, «pratica diffusa tra i combattenti jihadisti, con particolare riguardo agli operativi impegnati negli scenari bellici, con la finalità di meglio determinarsi all’azione».