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Una trasfusione di sangue infetto quando era appena neonato l’ha portato fino al trapianto di fegato e malgrado gli sia stato riconosciuto un risarcimento da un milione e mezzo di euro a distanza di oltre dieci anni non ha ancora visto neppure un euro.
E’ la triste storia di un 53enne napoletano, F.B., nato in un noto ospedale della sua città nel 1969 con un “ittero emolitico neonatale“. Con la necessaria trasfusione di sangue a cui venne sottoposto sono iniziati tutti i suoi guai. Si ammalò di epatite B e poi anche di “cirrosi epatica HBV“. Le gravi condizioni in cui versava l’hanno costretto a un trapianto di fegato, a cui si è sottoposto, nel 2003, negli Stati Uniti. Nel 2011, quando aveva 42 anni, decise di rivolgersi alla Giustizia che gli ha sempre dato ragione: lo stesso anno, il Tribunale di Napoli, ha condannato il Ministero della Salute a versare un milione e 500mila euro a titolo di risarcimento ritenendo sussistente il nesso di causalità tra i danni fisici riportati dal 53enne e le trasfusioni a cui venne sottoposto.
Anche la Corte di Appello di Napoli prima, nel 2015, e la Suprema Corte di Cassazione poi, nel 2020, hanno confermato la condanna di primo grado. Ma dei soldi neppure l’ombra, malgrado i tentativi, tutti andati a vuoto di riscuoterli.
Ancora una volta bisogna parlare di malasanità e, in questo caso, anche di mala burocrazia“, dice, amareggiato l’avvocato Angelo Pisani, che assiste il 53enne. “Il danno subìto – ricorda infine il legale – è stato anche riconosciuto da parte della Commissione Medica Ospedaliera già nel 2001, in esito alla domanda di indennizzo inoltrata al Ministero della Sanità“.