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Napoli- Omertà, dolore, rabbia, sangue. C’è tutto nell’omicidio di Fortuna Loffredo e il giudice lo ricorda. «Titò era privo di qualsiasi senso morale e qualunque sia la ragione contingente che ha spinto Raimondo Caputo all’omicidio essa si palesa comunque come aberrante e perversa, priva di qualsiasi senso morale e rispetto per l’altro».

Sono queste le motivazioni racchiuse in 186 pagine e che raccontano il delitto di Fortuna Loffredo detta “Chicca” ripetutamente violentata e poi uccisa, lanciata nel vuoto dal sesto piano del parco Verde di Caivano, in provincia di Napoli, il 24 giugno del 2014. Sono le motivazioni scritte nella sentenza di condanna all’ergastolo per Caputo detto Titò e per la compagna, a dieci anni, accusata di favoreggiamento, nelle violenze sessuale che Caputo avrebbe perpetrato ai danni delle sue tre figlie. Sui loro racconti si incentra il lavoro dei giudici della Quinta sezione della Corte di Assise di Napoli, presidente Alfonso Barbarano, giudice a latere e relatore Anna Elisa De Tollis.

Ma a parlare è stata l’amichetta del cuore di Fortuna, una delle figlie di Marianna Fabozzi, che non ha avuto paura. «Finalmente ho detto tutta la verità, sono felice ora, mi sento più tranquilla e felice. Quello deve pagare per quello che ha fatto», ha ripercorso la Corte che ha ricordato che l’imputato nel corso del processo ha provato a fornire degli alibi: «plurimi e convincenti per affermare che il giorno dei fatti non era li mentre nella deliberata esecuzione di un atto di predazione sessuale ai danni di Fortuna, l’ha portata con sé sul terrazzo all’ottavo piano ed e’ rimasto con lei fino al momento della precipitazione».

Quanto alla compagna, condannata a dieci anni, i giudici ritengono che «ha avuto conoscenza o conoscibilità di condotte abusanti del suo convivente. Ha di fatto accettato quel malessere delle bimbe e rinunciato a qualsiasi pur minima azione doverosa per impedirlo. Ha sacrificato la integrità morale e psicofisica delle bimbe per offrire appoggio e copertura ad un uomo talmente depravato da accusarlo di averlo costretto ad abusare della figlia».