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Napoli – “La passione non può essere regolamentata, rispondere a delle fredde e rigorose norme. Soprattutto per quanto riguarda il tifo per la squadra del cuore, l’amore vero e sincero per i propri campioni. Ed è quanto stanno dimostrando gli ultrà che da tempo disertano gli spalti, le curve del “Diego Armando Maradona Stadium” facendo mancare il loro instancabile e rumoroso apporto. Un rapporto che nel tempo si è incancrenito e che non sembra dare segni di ripresa”. Lo sostiene Diego Venanzoni, consigliere regionale. “A mettere distanza tra il campo e gli ultrà sono stati e continuano ad essere i cosiddetti “regolamento d’uso” all’interno degli stadi. Ovvero, le norme che disciplinano il comportamento di chiunque acquisti un biglietto per assistere alla partita, emanate dalla Lega Calcio e dall’Autorità di Pubblica Sicurezza. A Napoli questo regolamento all’interno dell’ex “San Paolo” viene applicato con una rigidità che sembra non avere eguali in nessun altro stadio italiano. Come si può anche ben osservare dalle immagini, da foto scattate durante le partite con tifosi l’uno a ridosso dell’altro senza rispettare alcunché e senza neanche preoccuparsi delle telecamere puntate su di loro. Si può dire, invece, nel caso del Napoli che c’è un eccesso di formalismo? E che tutto ciò trova motivo nella volontà di contrastare quello che è definito lo zoccolo duro della tifoseria più o meno organizzata? In pratica, per potere accedere al proprio posto e rimanervi senza incorrere eventualmente in comportamenti tali da metterne addirittura in dubbio la permanenza all’interno dell’impianto, bisogna accettare questo regolamento al momento dell’acquisto del biglietto. Un regolamento d’uso – aggiunge il consigliere regionale – che la società Calcio Napoli gestisce come una impresa commerciale non lasciando spazio alla passione, all’amore che si traducono nel dodicesimo uomo in campo, come invece è possibile constatare in altri stadi come quello di Milano, di Torino e altri ancora. Non è che non sia giusto ma ormai le curve, le gradinate hanno perso la loro voce e i giocatori in campo il sostegno dei rumorosi e trascinatori ultrà. In questo braccio di ferro (si può dire?), gli ultras non pretendono assolutamente di andare contro le norme. Non chiedono una zona franca ma solo una comfort zone, uno spazio “popolare” dove incitare con canti e slogan i propri beniamini. Ciò sulla falsariga di Inghilterra e Germania. Ieri, in occasione della partita contro il Torino, un corteo di due ruote all’uscita dall’albergo della squadra l’ha scortata fino allo stadio continuando a rimanere fuori mentre gli azzurri soffrivano, privi di supporto, di una spinta emotiva. È venuto il momento che le istituzioni del calcio intervengano quanto prima”, conclude Venanzoni.