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Cosa c’è di peggio di perdere la propria madre nel giorno della festa della mamma? Non poterla neanche salutare. La storia che raccontiamo è una storia di dolore, sofferenza, rabbia, ottusità burocratica. Ieri, domenica 14 maggio, le sei figlie, la sorella e i cognati della signora D.D.M., ricoverata in condizioni disperate la sera prima, si sono recati all’ospedale di Boscotrecase, nell’unica ora concessa per le visite, dalle 13,30 alle 14,30, con l’intento di alternarsi, darsi il cambio, uno alla volta, per dare l’ultimo saluto alla donna. Pochi minuti a testa, pochi minuti per dire addio alla madre, in fin di vita. “Ci è stato risposto”, ci racconta una delle figlie, “che il regolamento consentiva la visita di una sola persona al giorno. Abbiamo spiegato che la persona presente all’interno del reparto sarebbe stata sempre una sola, che sarebbe stato rispettato il tempo previsto, perché ci saremmo alternati, ma ci siamo sono visti opporre un assurdo veto”.

Di fronte al divieto reiterato, una delle figlie ha raggiunto telefonicamente i medici all’interno del reparto, ma questi sono stati irremovibili: l’argomento usato per giustificare il disumano regolamento era il possibile contagio Covid. La pandemia è ormai alle spalle, la vita è tornata a scorrere regolarmente, gli stadi, i teatri, i cinema, i locali, le piazze sono piene, la mascherina è un lontano ricordo, eppure no: non viene concesso alle figlie di dire addio alla propria mamma. Negato un bacio, uno sguardo, una carezza.

Non solo. I parenti della donna, a quanto ci viene riferito, sono stati accusati di chiedere “un privilegio”, mentre loro contestavano semplicemente questa prassi disumana quanto ormai completamente inutile, rivendicando, per tutti, il sacrosanto diritto di dire addio a una madre che muore, un diritto che non può essere compresso da alcuna procedura burocratica o organizzazione logistica, pena la perdita di senso e di valore del concetto stesso di “cura”.

A pochi metri di distanza dalla madre morente, le figlie e gli altri parenti hanno quindi dovuto affrontare lo strazio di doverla salutare dal video di un cellulare. Subito dopo la videochiamata, la signora D.D.M., come appagata da quel commiato tanto atteso, è spirata. Ancora due ore dopo, ai parenti in attesa di vedere il corpo della defunta nella camera ardente, è stato detto che l’accesso alla camera era contingentato, e che nella stanzetta spoglia, occupata dalla sola defunta, si sarebbe dovuto entrare in due per volta.

Chi ci riporta questa testimonianza tiene a precisare che tutti i parenti della defunta sono comunque profondamente grati ai medici dell’ospedale di Boscotrecase, che fino all’ultimo si sono prodigati per alleviare le sofferenze della loro congiunta, ma ritengono assolutamente improcrastinabile la radicale revisione dei protocolli relativi agli accessi alla struttura, con particolare riguardo ai pazienti in fin di vita. “Chiediamo”, ci dice una delle figlie, “che vengano subito rivisti i regolamenti inutilmente e crudelmente restrittivi vigenti nell’ospedale di Boscotrecase e in tutti gli altri nosocomi”.