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Napoli – “Sta musica s’addà cagnà” così sulle note, rivisitate, di “Brigante se more”, che oggi diventa “nun s’ha da tuccà” (Non si deve toccare), parte la protesta su scala nazionale dei lavoratori Whirlpool. Tornati nuovamente in piazza del Plebiscito a Napoli contro la chiusura dello stabilimento. Le richieste restano sempre le stesse “No a reindustrializzazioni” perché “deve esistere solo il piano A” che significa continuare a far lavatrici a Napoli.

Alle 12 una delegazione di operai, seguita dai segretari nazionali dei sindacati, ha incontrato il Prefetto di Napoli, Marco Valentini per ribadire che “il Governo deve stare dalla parte dei lavoratori”.

Il caso Whirlpool, che oggi ha portato alla mobilitazione degli operai di tutti gli stabilimenti italiani della multinazionale statunitense, non può infatti stringersi alla sola città partenopea ma deve necessariamente guardare al di fuori dei confini città di Napoli. Basti pensare che, solo con gli indotti in Campania, parliamo di un bacino di circa mille operai che oggi rischiano di restare senza lavoro.

Nonostante la multinazionale aveva insieme al Governo promesso, ormai un anno fa, di restare a Napoli. Dal luglio 2019 ad oggi quell’accordo siglato dalla Whirlpool con lo Stato italiano è difatti diventato carta straccia, con l’azienda di elettrodomestici che conferma la chiusura per il prossimo 31 ottobre. Una sentenza che, oltre a creare un ingente danno economico per le casse della Campania, rischia di diventare una vera e propria bomba sociale per il territorio, perché abbandonare uno stabilimento di questa portata in questa città significa difatti “regalare manovalanza alla camorra”.

Diventerà qualcosa di drammatico. – spiega l’operaio napoletano e sindacalista Uilm, Vincenzo AccursoNapoli Est vive grazie a quelle poche aziende che sono ancora aperte, l’area orientale di Napoli era una zona florida di aziende. Togliere questa fabbrica in questo territorio vuol dire impoverire già quello che il territorio soffre. Il rischio, come ribadiamo sempre, è che la criminalità lucri su queste situazioni”.

Una rabbia, quella dei lavoratori, che si riversa anche sulle istituzioni. Dopo illusioni e promesse il Governo sembra così piegato alla potenza della multinazionale a cui oggi rispondono furiosi i lavoratori. “La politica ci deve tutelare” tuona oggi la piazza napoletana  in rappresentanza di tutti gli operai del Paese.

Stiamo dando un messaggio di unità –  spiega ad Anteprima24 Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm – un messaggio forte da parte di tutti i lavoratori italiani.  Noi chiediamo che nessun stabilimento venga chiuso e che il piano industriale del 2018, concordato al ministero, venga rispettato. Questo lo chiediamo sicuramente alla multinazionale, ma anche al Governo”.

Perché – chiarisce Ficco – nell’ultimo incontro il Governo si è schierato con l’azienda continuando a propinarci reindustrializzazioni fantasiose anziché varare strumenti che avevamo indicato in maniera anche molto precisa”.

Così racconta il segretario nazionale di Uilm senza nascondere la preoccupazione legata al precedente creatosi con la gestione della vertenza Whirlpool Napoli “è un precedente pericolosissimo. Siamo consapevoli che battaglie del genere si vincono solo se le istituzioni sono con i lavoratori” conclude Ficco.

A spiegare l’importanza della lotta dei lavoratori napoletani è anche la segretaria nazionale FiomCgil, Barbara Tibaldi. “Abbiamo scelto di essere a Napoli – racconta Tibaldi – perché questi lavoratori hanno lottato per un anno e non sono di certo stanchi.  Abbiamo imparato sulla nostra pelle che gli imbrogli si scatenano sempre sulla povera gente. Andremo avanti fino a che non sarà rispettata la vita di questo territorio e di queste persone”.

Attediamo che il Governo ci mostri come si fa politica. – continua la segretaria nazionale – Un Governo non può dire di non avere strumenti perché gli strumenti sono le leggi ed è il Governo con il parlamento che le fa. Le facessero come hanno fatto altri paesi e mostrino di saper fare il loro mestiere: guidare il Paese. Altrimenti restiamo nelle mani di multinazionali che ormai posseggono l’intero tessuto industriale dell’Italia”.

La vertenza della Whirlpool, che va avanti da più di un anno, ha fatto emergere la vera natura del problema capitalistico e delle sue multinazionali che, camaleonticamente, si spostano lì dove il mercato è più conveniente, lasciando dietro di sé il deserto. È anche per questo che gli operai napoletani, fin da subito, si sono mostrati contrari ai vari “piani B” sulle reindustrializzazioni proposte da Governo ed azienda.

Le finte riconversioni – spiega Giovanni Fusco operaio e sindacalista Fiomsono un fenomeno che non accetteremo mai. Vengono usate solo per scaricare i lavoratori. Basta vedere nelle stesse riconversioni che ha fatto Whirlpool in Italia, come il caso Embraco, a distanza di un anno e mezzo l’azienda è sull’orlo del fallimento. Un altro caso, poco distante da Napoli, è Carinaro (nel Casertano) dove a distanza di 5 anni aspettano ancora la partenza della riconversione”.

Caso emblematico della poca fiducia degli operai sui vari casi profilati oltre al piano A è quello dell’intervento di Invitalia. L’agenzia nazionale per lo sviluppo d’impresa, sotto il mandato del Mise, lo sorso gennaio era stata incaricata di trovare nuovi acquirenti per il rilancio del sito di Napoli. Ed oggi l’amministratore delegato, Domenico Arcuri, è sotto la lente d’ingrandimento sull’inchiesta della Corte dei conti del Lazio per aver percepito, indebitamente, stipendi extra. “Questo ci fa capire ancor di più che Invitalia non è credibile” racconta oggi l’operaio dello stabilimento di Ponticelli, Francesco Napolitano.

Mentre sul caso, negli ultimi giorni, si è interessato anche il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano: “Si è fatto carico anche lui – spiega Biagio Trapani, segretario generale Fim-Cisl Napoli – per insistere, insieme al ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, alla ricerca della soluzione che per noi resta l’accordo firmato con il Governo. Strapparlo con queste modalità vuol dire creare un precedente con il quale ogni multinazionale che viene in Italia prende i soldi governativi e se ne va. In ballo c’è su tutto la credibilità del Paese. Le multinazionali devono rispettare le regole”.

Da "Brigante se more" a "Operai se more", il canto di protesta dei lavoratori della Whirlpool

Da "Brigante se more" a "Operai se more", il canto di protesta dei lavoratori della WhirlpoolLa notizia completa: https://bit.ly/3eD3Md0

Publiée par Anteprima24 Napoli sur Vendredi 17 juillet 2020