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Era il 12 giugno del 1942. Come regalo per i suoi 13 anni, una ragazzina ebrea di nome Anna Frank, ebbe in dono un diario. Le prime parole che scrisse su quei fogli, racchiusi da una copertina di tela a scacchi bianchi e rossi, furono: “Venerdì 12 giugno ero già sveglia alle sei: si capisce, era il mio compleanno! Ma alle sei non mi era consentito d’alzarmi, e così dovetti frenare la mia curiosità fino alle sei e tre quarti. Allora non potei più tenermi e andai in camera da pranzo, dove Moortje, il gatto, mi diede il benvenuto strusciandomi addosso la testolina. Subito dopo le sette andai da papà e mamma e poi nel salotto per spacchettare i miei regalucci. Il primo che mi apparve fosti tu, forse uno dei più belli fra i miei doni. Ora devo smettere di scrivere. Diario mio, ti trovo tanto bello!”.

Quello che fu un regalo ad una ragazzina di 13 anni, è diventato nel tempo la testimonianza di una delle pagine più buie della storia contemporanea. L’orrore della guerra, i campi di concentramento, i pericoli che si corrono quando si lascia spazio all’odio e al razzismo, normalizzandoli e giustificandoli. 

Da quel 12 giugno, la tredicenne Anna Frank continuerà a scrivere ininterrottamente testimonianze della guerra, raccontando la sua vita privata, la convivenza con altre famiglie nella casa-nascondiglio dove dovette rifugiarsi, scrivendo preziose considerazioni storiche e sociali sulla guerra e sulla triste condizione del popolo ebraico e sul ruolo delle donne nella società.  

Io so precisamente come vorrei essere, come sono di dentro, ma ahimè, lo sono soltanto per me”: furono queste le ultime parole nel diario di Anna Frank, datate primo agosto 1944. Il 4 agosto di quell’anno la Gestapo entrò nell’alloggio in seguito a una segnalazione e furono tutti arrestati e trasferiti nei campi di concentramento. Anna Frank morirà nel mese di febbraio o marzo del 1945, a soli 15 anni, a Bergen-Belsen.

 
“Non penso a tutta la miseria, ma alla bellezza che rimane ancora”