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Il tema di una sostanziale riforma del sistema pensionistico torna prepotente al centro del dibattito politico. Il neo Premier Mario Draghi aveva espunto la questione dal discorso pronunciato qualche giorno addietro al Parlamento per il voto di fiducia. Eppure, sembra che nel merito la posizione dell’ex Presidente della Bce sia inequivocabilmente chiara: stop a ‘quota 100‘.

La riforma, introdotta dal primo governo Conte sotto forte pressione della Lega di Matteo Salvini, permette fino al 31 dicembre 2021 di andare in pensione anticipata a tutti i lavoratori che raggiungono almeno 62 anni d’età e 38 di contributi.

Draghi, negli incontri avuti con le parti sociali e  durante le consultazioni, avrebbe più volte espresso la volontà di mettere fine a ‘quota 100’ (volontà del resto che trova amplia condivisione in Parlamento), non definendo ancora però quale sarà la nuova opzione che il suo esecutivo intende mettere in campo. Il rischio è che coloro che raggiungeranno i requisiti per ‘quota 100’ anche solo dopo pochi giorni dal 31 dicembre 2021, si possano trovare di fronte al cosiddetto ‘scalone‘, ovvero il pensionamento di vecchiaia a 67 anni o con 41 anni e 10 medi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne) previsto dalla Fornero. 

Che fare dunque? Come trovare una strada che stia nel mezzo tra la riforma del primo governo Conte e la legge Fornero?

Come spiega con chiarezza Il Sole 24 ore sarebbero tre le ipotesi al vaglio del governo: nuove soglie, coefficienti e un Testo unico.

Secondo il quotidiano finanziario, a fronte di un Parlamento non ostile, si potrebbero determinare le condizioni per una “vera riforma strutturale, da amalgamare alla legge Fornero, con l’obiettivo di garantire solidità e sostenibilità anche nel medio periodo al sistema pensionistico, rispondendo alle sollecitazioni dell’Europa, alle quali Draghi guarda con attenzione”.

L’altra opzione, tutto sommato quella che appare più praticabile, è di “agire su soglie di pensionamento e coefficienti di trasformazione, rimanendo nel solco contributivo, per addolcire il più possibile l’impatto del ritorno secco dai pensionamenti agevolati voluti dal Conte 1 allo schema della legge del 2011”.

Infine, l’idea potrebbe essere quella di un “nuovo Testo unico sulle pensioni che riguardi sia il primo pilastro, con l’introduzione anche di una pensione di garanzia per chi, nel contributivo puro, non potrà più contare su integrazioni al minimo, sia il secondo pilastro, con un adeguamento di tanti aspetti (a partire dai trattamenti fiscali) che non hanno finora consentito un vero decollo della previdenza complementare”.