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Una vasta operazione ha colpito il cuore dell’Agro nocerino-sarnese. Con l’ordinanza n. 176, firmata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno, Pietro Indinnimeo, sono state disposte misure cautelari nei confronti di 85 indagati (77 in carcere, tra cui tre minorenni), accusati a vario titolo di far parte della riorganizzazione del clan camorristico ‘Fezza–De Vivo’, già oggetto di un’operazione nel 2022

Le accuse, gravissime, parlano di associazione per delinquere di stampo camorristico e di una lunga scia di reati-fine: estorsioni, narcotraffico, riciclaggio, detenzione di armi, fino a episodi di violenza e tentati omicidi. 

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, dopo gli arresti e le condanne del 2023 a carico di alcuni storici affiliati, tra cui Francesco Fezza, Andrea De Vivo e Vincenzo Confessore, il sodalizio non si sarebbe sciolto ma, al contrario, avrebbe trovato nuova linfa attraverso la prosecuzione e riorganizzazione della cosca, con base operativa a Pagani e ramificazioni nei comuni limitrofi.

Dalla detenzione, i vertici avrebbero continuato a impartire ordini agli affiliati liberi, decidendo la spartizione dei proventi, i soggetti da sottoporre a estorsione e persino gli equilibri interni al gruppo criminale. 

Un ruolo centrale, secondo il provvedimento, è stato affidato a Anna Mannoni e Rita Fezza, considerate le “direttrici” della nuova gestione, incaricate di amministrare la cassa comune del clan, di spartire i guadagni e di reinvestire il denaro sporco attraverso operazioni di riciclaggio.

Al loro fianco, Alfonso Cicalese, che dal 2024 avrebbe preso in custodia la cassa comune, e i fratelli D’Auria Petrosino insieme a Vincenzo Petranovic, accusati di gestire direttamente il narcotraffico sul territorio, imponendo ai gruppi di spaccio forniture obbligate e prezzi decisi dal clan. 

L’ordinanza descrive un sistema ben strutturato di attività criminali, tra cui:
Narcotraffico monopolizzato: obbligo per le piazze di spaccio locali di rifornirsi dal clan, con una tangente mensile di 1000 euro destinata al sostegno delle famiglie dei detenuti;
Estorsioni diffuse: commercianti e imprenditori costretti a versare somme di denaro per “protezione”;
Batteria di ladri e riciclatori: un gruppo specializzato in furti e ricettazione di autoveicoli, obbligato anch’esso a pagare una quota mensile al clan;
Riciclaggio e reimpiego di capitali: utilizzo di società di comodo per occultare i proventi illeciti;
Espansione territoriale: tentativi di allargare il controllo camorristico anche a Sant’Antonio Abate e Santa Maria la Carità.

Tra gli indagati figurano nomi noti del panorama criminale locale e intere famiglie coinvolte nella gestione delle attività illecite.