- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

Benevento – Addio 2020. Un anno che entrerà di diritto nella storia per quanto è stato pesante e pieno di difficoltà. L’anno della pandemia, evento che non ha una cadenza ordinaria, scandita dal tempo. Questa è una cifra straordinaria, ma nella peggiore delle accezioni.

Un minuscolo corpo capace di decimare popolazioni e farlo in maniera subdola, prendendosela maggiormente con gli indifesi, con chi già ha da combattere e non ha alcun bisogno di spallate ulteriori per poter cadere.

Un anno nel quale ci hanno insegnato che tutto ciò che rientrava nella normalità era diventato “fuorilegge”. Ciò che poteva regalare gioia, di punto in bianco, era diventato una minaccia. Spazzate via tutte le abitudini di normale convivenza umana. Alcol, droga e armi portano alla morte, il 2020 ha insegnato che lo stesso fanno abbracci, mani strette e baci. L’umanità e la socievolezza “uccidono”. Ci ha insegnato un modo diverso di vivere: nascosti dietro mascherine. Spariti i sorrisi, sparite le smorfie, sparite le confidenze. Tutto in poco tempo e abituarsi non è stato per niente facile.

Ma non tutti i mali vengono per nuocere. La Campania è la Regione dei problemi atavici, quella degli ospedali che vengono chiusi e dei trasporti che fanno acqua da tutte le parti. Quella in cui curarsi è un calvario e andare a scuola un viaggio della speranza con studenti stipati come sardine. Doveva esserci una pandemia per capire che un posto in terapia intensiva non è come cercare una stanza d’albergo all’ultimo minuto a Madonna di Campiglio. Forse rientra tra i diritti delle persone, perché va ricordato, la salute e la cura sono dei diritti e non delle gentili concessioni. L’aver aumentato i posti non è la promessa da campagna elettorale e l’applauso ad elezione ricevuta, è un obbligo di chi governa una popolazione.

Il 2020 sarà storico, almeno per la Campania, anche per questo. Una regione vittima delle sue problematiche, dei suoi difetti e di classi dirigenti più attente a fare da virologi e studiare curve di contagi che non a renderla pronta in caso di emergenza. Una regione che è da buttare quando le acque sono calme e viene raccontata come eccellenza quando c’è maremoto. E da questa onda sono apparse le figure che uno meno si aspettava. Senza dubbio il 2020 è stato l’anno di De Luca, l’uomo del “chiudo tutto” e del ”dobbiamo andare a votare”, come se il virus si potesse fermare sull’uscio della cabina elettorale. Il condottiero dai lunghi discorsi settimanali, capace di leggere numeri che “ovviamente” devono preoccupare ma non di differenziare i decessi “per” covid e “con” covid. Un distinguo banale, piccolo, ma sostanziale. Probabilmente differenziare le cose potrebbe far passare un messaggio diverso e non cavalcare le paure, lecite per carità, delle persone. Il calderone, di fronte a cose del genere, ha l’utilità di un brodo mangiato con la forchetta. Probabilmente informazioni dettagliate avrebbero potuto dare una sembianza diversa a quello che è un dramma sotto tutti i punti di vista. Disinformazione o leggerezza.

Ma sta finendo quest’anno, manca veramente poco. Un anno da buttare giù come si fa con le cose vecchie allo scoccare delle mezzanotte. E stavolta il messaggio che deve arrivare deve essere fatto di fiducia, attenzione sempre alta e rispetto delle regole basilari. Diremo che “a nuttat è passat” e torneremo a sorridere. Addio 2020, nessuno sentirà la tua mancanza.