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La notizia, drammatica e sconvolgente, non può cadere nel vuoto. Non può essere seppellita da un’agenda giornalistica che si riempie a ritmi frenetici (spesso con futilità) o scivolare immediatamente in fondo alle pagine dei quotidiani. Dietro la morte dei due giovani di Terni, Gianluca e Flavio, rispettivamente di 15 e 16 anni, ci sono risvolti sociali ben più evidenti di quanto il fatto in sé lasci intendere. 

I due amici sono stati trovati senza vita questa mattina dai rispettivi genitori, ieri sera avevano assunto insieme del metadone pagando la dose soltanto 15 euro. La sostanza era contenuta in una boccetta, diluita con acqua. Dopo averla acquistata da un tossicodipendente l’hanno assunta e si sono sentiti male già in serata, rinunciando a giocare a calcetto con gli amici. L’uomo che gli ha venduto lo stupefacente ha confessato, si è detto distrutto, disperato, ma è ormai troppo tardi. 

Si è immediatamente riaperta la riflessione su un problema mai superato, quello dell’assunzione di sostanze dannose tra i giovani, che persiste maggiormente in contesti in cui le famiglie sono assenti e i ragazzi sono lasciati in balia di se stessi e delle loro fragilità. Se proprio non si può (o non si vuole, o non si riesce a) fermare il traffico di stupefacenti, allora si cominci davvero a varare piani seri per migliorare il senso civico, educare, irrobustire i legami tra generazioni e promuovere l’associazionismo. E’ una necessità non più prorogabile. Indignarci oggi per poi voltare subito pagina farebbe gioco al solito teatrino. Vorrebbe dire calpestare la matassa senza sciogliere alcun nodo. Non voltiamo la faccia.

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