- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

Il leader del centrodestra in Campania, Stefano Caldoro, ha scritto una lettera a Repubblica nella quale offre il suo punto di vista, anche in qualità di ex presidente della Regione Campania, sulla situazione.

Di Stefano Caldoro

Caro direttore, da presidente della Regione, in due occasioni, ho svolto il ruolo di Commissario per l’emergenza. Il tempo necessario per essere affiancato e sostituito, per mia scelta, da professionalità esperte del settore. Con loro si assumevano le decisioni necessarie, ma ognuno poi svolgeva il proprio compito in piena autonomia e responsabilità. Quando c’è una emergenza la linea di comando deve essere più corta possibile e le decisioni rapide ed uniformi.

 Dobbiamo ammettere, con molta franchezza, che questo nell’emergenza Coronavirus non sta accadendo o meglio non come la situazione meriterebbe. Dal governo centrale arrivano le direttive attraverso decreti del presidente del Consiglio e norme di legge. Poi ci sono le Regioni e i Comuni che prendono iniziative con ordinanze anche fuori od oltre le decisioni nazionali. Questo è compatibile nell’ordinario ma dannoso nell’emergenza. Assistiamo, infatti, ad una continua altalena di iniziative e proposte difformi, spesso in contrasto tra loro.

La decisione in merito alla chiusura di negozi e imprese solo in alcuni territori ha indotto il governo alla stretta di questi giorni. Ancora più delicata è la scelta di lasciare all’autonomia delle Regioni la realizzazione dei posti letto Covid, di rianimazione ed ordinari. La Lombardia, per esempio, ha scelto opportunamente di concentrarli in siti dedicati e altre Regioni di disseminarli nei presidi ospedalieri delle varie Province, perdendo, cosi, tempo prezioso. Per non parlare, infine, della esecuzione, a macchia di leopardo, dei tamponi. Alcune Regioni hanno garantito questo fondamentale mezzo di accertamento e prevenzione ad un cittadino su 100, il Veneto, ed altre ad un cittadino su 1000, la Campania.

Si potrebbe, purtroppo, continuare per molti altri casi. Questa autonoma filiera istituzionale si inceppa quando deve affrontare una emergenza come quella drammatica di questi giorni. Cosa si sarebbe potuto fare? Io vi posso dire cosa avrei chiesto al governo, forte anche della mia passata esperienza.

Primo, avrei chiesto di garantire decisioni rapide e omogenee con la nomina, in ogni Regione Italiana, di una struttura commissariale con pieni poteri sulla gestione operativa unitaria. Secondo, avrei suggerito di lasciare alle istituzioni locali il compito di supporto logistico e di personale. Infine governo e istituzioni locali avrebbero dovuto condividere tutte le decisioni da assumere attraverso apposite intese. Quando ci sono emergenza così gravi è necessario distinguere in maniera netta il ruolo politico di scelta ed indirizzo da quello tecnico/operativo. L’operatività, poi, si sarebbe dovuta delegare ad una snella “Unità di crisi regionale” diramazione diretta di quella nazionale. Una struttura composta da un medico esperto di emergenza/urgenza e un professionista della protezione civile. Il presidente Fontana, ad esempio, ha preso una decisione simile con la nomina di un uomo di grande esperienza come Guido Bertolaso. Un’unica voce con responsabilità chiare e con una linea di comando corta ed efficiente. C’è ancora tempo per farlo? Per come stanno andando le cose, credo proprio di sì”.