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Sono 20 le aziende agricole della provincia di Salerno coinvolte nella maxi operazione che ha consentito di sgominare l’organizzazione criminale italo – marocchina che sfruttando i canali legali del decreto flussi, faceva arrivare lavoratori migranti da schiavizzare nei campi. Secondo la ricostruzione degli investigatori che hanno esaminato oltre 400 domande di disponibilità all’occupazione, a sovrintendere a tutta la parte burocratica c’era un solo professionista, individuato in un commercialista della zona. Il reclutamento dei lavoratori da sfruttare avveniva grazie a una sorta di “ufficio di collocamento” in Marocco.

Le vittime della tratta pagavano le somme con un bonifico che veniva girato direttamente al capo dell’organizzazione, Hassan, detto Appost. I lavoratori venivano fatti alloggiare in capanne fatiscenti, privati dei documenti e ricattati con la continua minaccia di essere denunciati perché clandestini. Per le aziende agricole che si prestavano a produrre la documentazione falsa l’organizzazione versava tra i 200 e i 300 euro, oltre ad avere a disposizione manodopera a costo quasi zero.

Ogni mattina, i migranti – tutti di origine marocchina – venivano prelevati dalla baracca dove erano accatastati e portati nei campi con una paga anche inferiore ai 2-3 euro al giorno e in alcuni casi, secondo quanto hanno raccontato alcune vittime, la retribuzione consisteva soltanto nel vitto e nell’alloggio di fortuna. “A differenza del fenomeno migratorio clandestino che pure la provincia di Salerno ha sperimentato con numerosi sbarchi di migranti che abbiamo accolto. In questo caso – considera Luca Masini, procuratore capo reggente – gli immigrati arrivano sulla scorta di un provvedimento formalmente lecito ma che viene messo grazie all’elusione delle domande flussi con il rilascio o l’inserimento del portale del Ministero dell’Interno di dichiarazioni di disponibilità all’assunzione false, nel senso che il contratto di assunzione non si perfeziona mai, quindi viene rilasciato un permesso provvisorio di attesa occupazione che ha una durata doppia”.

In alcuni casi questo canale veniva utilizzato anche come una sorta di “permesso di transitorio”. I migranti arrivavano dal Marocco in maniera lecita e pagando, per poi cercare di arrivare clandestinamente in Francia oppure in Belgio. “La procedura – spiega Masini – è completamente telematica. Qualche criticità l’abbiamo riscontrata nel fatto che le domande vengono inserite nel portale, ma non vi sono controlli preventivi in ordine alla capacità reddituale dell’imprenditore per verificare se ha la possibilità, come attesta, di retribuire il lavoratore e se dispone la possibilità di garantire un alloggio. Le singole Prefetture, però, non sono interconnesse, quindi non possono sapere se per lo stesso lavoratore sono state presentate più domande dallo stesso imprenditore”. Nel corso dell’operazione, in casa del presunto capo, sono stati trovati anche una serie di documenti contabili che dimostrerebbero l’attività della cellula criminale. 

el. ted.