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Sono passati esattamente 365 giorni da quando il primo paziente noto mostrò i sintomi del Covid-19 nella megalopoli cinese di Wuhan. Un anno esatto. 

Da allora la nostra vita, così come l’avevamo conosciuta, si è semplicemente stravolta. E il peso del cambiamento è tale che quell’accadimento occorso appena 12 mesi fa sembra sfumarsi in un passato indefinito. Il ricordo della “vita prima della pandemia” sbiadisce a contatto con una quotidianità fatta di divieti, limitazioni, ansie e timori. Credo sia sensazione davvero comune quella di aver rimosso il momento “in cui tutto è cominciato”, sopraffatti da un tempo scandito da segmenti stagionali più o meno a rischio, sommati ad algoritmi, statistiche e curve algebriche che un po’ tutti abbiamo imparato a leggere (o almeno ci abbiamo provato). Un tempo che si è come cristallizzato, avvitato su se stesso, incapace di riconnettere il “prima” e di immaginare un “poi”.

Eppure è passato solo un anno da quel 1 dicembre 2019. In mezzo a questi 365 giorni ci sono circa 1 milione e 500 mila morti nel mondo, 56mila decessi in Italia e uno strascico infinito di sconforto e disperazione. 

La condizione psicologica che stiamo vivendo ormai da mesi è qualcosa che l’uomo occidentale non sperimentava più da circa 80 anni. E’ la condizione psicologica di chi si trova, indipendentemente dalla propria volontà, privato di uno spazio di libertà. Avevamo imparato a dar per scontate, quasi a trattarsi di condizioni inscritte in qualche legge naturale, le nostre libertà: la libertà di movimento, la libertà di riunirsi, finanche quella di abbracciarsi e scambiarsi una stretta di mano. Ora ci ritroviamo sgomenti nello scoprire che nessuna libertà è impressa a fuoco sulla pelle della legge naturale; ma che ogni libertà vive sempre di una condizione instabile e precaria, e che essa è – in ultima analisi – nient’altro che una creazione politica.

Creazione e Politica. L’alpha e omega di ogni agire umano orientato alla definizione di una prospettiva di senso. La Politica o è creazione sempre nuova, radicale, di forme possibili di convivenza tra gli individui, oppure semplicemente non è. E si riduce a organizzazione tecnica dello status quo. 

Ma perché questa piccola divagazione sul senso della politica? E soprattutto, cosa c’entra con l’epidemia da Covid-19?

Non sappiamo se e quando verremo fuori dall’emergenza epidemiologica. Le notizie che arrivano sul fronte vaccini ci lasciano ben sperare. Ma la ferita aperta dal virus non sarà rimarginabile solo sul piano sanitario. Quando saremo finalmente proiettati nel mondo post-pandemia, avremo la necessità e il compito di ripensare profondamente il nostro rapporto con il mondo, il rapporto tra l’uomo e la natura, il rapporto tra gli uomini e le comunità. Dovremo riscrivere la storia del nostro abitare su questo pianeta. Dovremo ripensare i nostri modelli di vita e i nostri modelli di produzione, tenendo nuovamente ben chiaro ciò che è giusto e ciò che non lo è. Dovremo da ultimo riscoprire il senso vero e più autentico della parola: Politica.

Ancora non abbiamo ben chiara la portata della tragedia inflitta dal Covid-19. Ma spero, almeno, si abbia ben chiaro l’indirizzo da seguire e la traccia da percorrere.

Ci siamo riscoperti fragili e indifesi all’inizio della pandemia. Confidiamo di ritrovarci nuovamente capaci di ripensare il futuro quando tutto sarà finito.