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«La cultura è l’unico bene che, quando viene distribuito, aumenta di valore», diceva Hans-Georg Gadamer, filosofo tedesco. La sua affermazione è tanto più vera se si pensa alla fruizione dell’arte e dei beni culturali da parte di persone con disabilità, per le quali accedere a beni culturali non è sempre un’azione scontata e facilmente realizzabile come per un qualunque cittadino. Chi, ad esempio, prima di visitare la casa di Giulietta o la celebre Arena, ha la necessità di consultare una lista di musei dotati di montascale a Verona? O chi, non potendo fare affidamento sulla propria vista, deve assicurarsi che un certo percorso museale offerto dal comune di Siena, di Milano, di Palermo o di Bologna sia dotato di percorso tattile, di guide in rilievo, di materiale informativo in Braille o di audioguide specializzate? Si tratta, in verità, di una categoria molto rappresentativa nel Paese, che di certo non può essere sbrigativamente accantonata come minoranza.

Alcune politiche del MIBACT si sono adoperate in questo senso, ottenendo risultati non trascurabili. Ma l’Italia è un Paese grande, costellato di musei, parchi, pinacoteche, biblioteche, teatri e sale da concerto, e con fondi destinati alla cultura sempre di gran lunga inferiori a quelli che sarebbero necessari a garantire un ripensamento dell’offerta e degli spazi culturali in chiave accessibile. Sarebbe necessario, infatti, operare un significativo cambio di prospettiva, che parta dal diritto costituzionale dell’uguaglianza di tutti i cittadini e dall’idea fondamentale che a tutti gli esseri umani debbano essere garantite le stesse opportunità. Allo stesso tempo, sarebbe necessario trovare una strada che non divida in “normali” e “minoranze”, che non imponga delle categorie, ma che unisca sotto un unico segno, un unico operato, valido per tutti. Affinché la società renda ugualmente disponibili e accessibili a tutti la cultura, i luoghi del sapere, il mondo dell’informazione e il semplice godimento estetico dell’arte, è davvero necessario un cambio di rotta, una nuova consapevolezza, una diversa sensibilità.

Solo considerando chi ha problemi di disabilità come individui da cui trarre un vero e autentico arricchimento personale, si potrà perseguire l’obiettivo più vasto e importante di favorire un proficuo scambio tra persone e culture, all’accumulo di una nuova e più importante ricchezza. Mai come in questi tempi di incertezza – sia economica sia, in generale, esperienziale – è fondamentale trovare un modo per ricompattare la società, un modo che vada oltre questo periodo di distanziamento sociale, di lontananza, di diffidenza. Ripensare i luoghi dell’arte e della cultura così da trovare nuovi modi per renderli accessibili e fruibili anche a coloro che convivono con una disabilità può diventare, in questo momento storico, un’occasione per rilanciare l’economia del turismo culturale, e aiutare la società a tornare a vivere la propria consuetudine, la propria vita con serenità, per quanto possibile.  

Cominciamo, quindi con alcune idee e riflessioni su possibili strategie per l’accessibilità culturale. Un elenco incompleto e parziale, ma che ogni interessato può arricchire con nuovi spunti e proposte.

  1. L’Italia è il paese al mondo con più siti Unesco (51 totali contro i 48 della Cina, al secondo posto, e i 44 della Spagna, al terzo), molti dei quali sono siti archeologici. Un bene così prezioso non può essere trascurato, ma va valorizzato e reso fruibile anche alle persone con disabilità, studiando percorsi senza barriere anche nelle aree archeologiche.
  2. I musei sono i custodi della nostra storia e della nostra identità, e devono parlare con un linguaggio comune, accessibile anche a non vedenti, non udenti e chi ha problemi di mobilità. Se le realtà più grandi si sono già attrezzate in tal senso, quelle più piccole – ma non per questo meno preziose e importanti – devono essere sostenute e incoraggiate ad affrontare questo cambiamento.
  3. Non c’è accessibilità senza comunicazione: un luogo accessibile deve essere tale fin dalla propria promozione sul web, con un sito internet all’avanguardia e rispettoso di principi stabiliti dallo standard web per l’accessibilità (WCAG). Lo stesso si dovrebbe poter dire per la conservazione e la diffusione del sapere online.
  4. La scuola e l’università non possono che avere un ruolo di primaria importanza nello sviluppo delle competenze necessarie e del retroterra culturale necessari alla formulazione di nuove strategie per agevolare le persone con disabilità nella fruizione della cultura. La formazione, come sempre, è la chiave per un futuro sostenibile e ugualmente promettente per tutti.