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Il nostro Paese sta vivendo la crisi più drammatica dal dopoguerra. Un’emergenza sanitaria che sta mettendo a dura, durissima prova la tenuta dell’intero sistema nazione. Non solo per le immani difficoltà alle quali il nostro Sistema Sanitario Nazionale sta andando incontro (che si sommano alle scellerate politiche di razionalizzazione ed aziendalizzazione del comparto sanità succedutesi negli anni), ma anche per ciò che concerne la tenuta del nostro tessuto sociale, che rischia di lacerarsi in maniera irrimediabile.

In un momento come questo, nel quale le necessarie misure di distanziamento sociale possono ed inevitabilmente produrranno nuove sacche di isolamento, appare evidente la necessità di riconoscersi come parte di un tutto. Si avverte il bisogno di riferirsi a un “simbolo” che ci faccia materialmente avvertire il sentimento di esser parte di un destino e di una storia comune.

Oggi l’Italia tributa il suo omaggio al Sommo Poeta, ed in questo tempi difficili il “nostro” Dante non può che venirci in aiuto. Già, perché Dante Alighieri rappresenta davvero “il” simbolo dell’italianità. Un’italianità che si dà figura secoli prima che il Paese raggiunse una propria stabile e duratura unità politica.

Non solo, banalmente, il padre della lingua italiana: ma anche geniale tratteggiatore di vizi e virtù che rappresentano l’anima profonda di questa nazione.

Il percorso di redenzione che Dante mette a punto nella Commedia, quella Commedia che Boccaccio intese chiamare “Divina”, si organizza attorno a uno sguardo positivo proiettato al futuro. “Lì dove cresce il pericolo cresce anche ciò che salva” sentenziò Friedrich Hölderlin, in un verso in seguito più volte ripreso da Martin Heidegger.

Per questo Dante, sebbene schiacciato dal peso della sconfitta politica e dall’umiliazione dell’esilio, ebbe la forza di dar vita alla più grande narrazione letteraria dell’Occidente. Un’opera immaginata come un’universale processo di superamento del dolore, di riscatto dalla crisi e di pacificazione sotto il segno dell’amore. Ma soprattutto un’opera nella quale il futuro si fa dimensione della speranza.

Ed è questa lezione che può e deve tornarci utile oggi. Il mondo, per come l’abbiamo conosciuto, forse non tornerà più. Ci aspetta un periodo di grandi incertezze, quasi fossimo a bordo di “una nave senza nocchiero in gran tempesta”. In questa fase di assoluta crisi Dante ci si offre non solo come un simbolo, ma anche come un invito da cogliere ed una traccia da percorrere. Dalla crisi e dal dolore si può venir fuori, a patto che si facciano fino in fondo i conti con gli errori del passato.

Leggere qualche pagina del poeta fiorentino nei giorni della quarantena forzata può essere certo medicina per lo spirito. Ma ancor di più sarà il nutrimento necessario per affrontare con piena consapevolezza l’epocale processo di cambiamento che stiamo attraversando.

Il dramma che stiamo vivendo finirà. Ma ci lascerà in dote l’obbligo di costruire un nuovo mondo. E solo se avremo la forza ed il coraggio di essere all’altezza di questo gravoso compito, potremo annunciare un giorno di essere usciti “a riveder le stelle”.