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Continua e si infiamma con nuovi argomenti la campagna di sensibilizzazione contro il numero chiuso alla facoltà di medicina da parte del Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. Il Governatore, forte della consapevolezza  che in Italia sia “sprofondato in una palude burocratica tutto il mondo dell’Università”, per cui non ci sarebbe da stupirsi se “in Europa siamo gli ultimi per numero di laureati”, nel corso delle ultime settimane non ha mai dimenticato di dedicare uno spazio apposito al tema del numero chiuso a Medicina,  durante i suoi seguitissimi videomessaggi.
 
L’ira del Presidente si scaglia, soprattutto, contro i test di ammissione: “Abbiamo scoperto che i quiz non sono elaborati a cura del Ministero, ma di un consorzio privato. E il peso da attribuire alle diverse domande viene calcolato a seconda della difficoltà della domanda.” Questo, però, secondo il Presidente De Luca, non è un criterio oggettivo, ma al contrario un elemento di dubbia affidabilità: basta fornire, in forma di contrabbando, le risposte alle domande che pesano di più per falsare il risultato, tuona, infatti, a questo proposito. De Luca parla di camorrismo, truffa e affarismo.
 
L’aumento del 30% delle possibilità di accesso non avrebbe modificato in nulla la difficile situazione degli accessi a medicina. Inoltre, il mancato ritorno dei risultati dei quiz, in tempi ragionevoli, anche dopo un eventuale superamento della prova impedisce, comunque, ai futuri studenti di fornirsi, in tempi utili, di un alloggio in una città piuttosto che in altra.
 
Nell’ultimo videomessaggio il Governatore delle Campania, ormai destinatario di migliaia di lettere inviate sul tema da studenti e familiari,  ha ricordato un episodio paradossale “E’ arrivata un’altra lettera di un docente dell’Università di Catania, che molti anni fa non ha superato i test. Se n’è andato in America, è diventato uno dei principali ricercatori del campo sanitario universitario, è tornato in Italia, è diventato docente universitario. Lui insegna a quelli che studiano medicina. Per puntiglio, ha voluto fare i quiz. E’ stato bocciato. Lui che insegna all’Università. Ma non ci sono parole per descrivere il livello di cialtroneria che abbiamo creato in Italia, con questo marchettificio, con questo giro di centinaia di milioni con i quali fanno affari sulla pelle dei nostri ragazzi”.
 
Quest’ultimo recente intervento di Vincenzo de Luca si aggiunge alla condanna durissima espressa in un suo video circa tre settimane fa: “Fra le domande “Che cosa significa frattale? Io non lo so che cosa significa frattale […] Sul vocabolario si legge oggetto geometrico dotato di omeotetia interna. Vorrei chiedere a un cittadino italiano se in tutta la sua vita ha mai sentito un medico o un chirurgo citare la parola frattale. Delinquenti, quelli che preparano questi quiz. Delinquenti perché sanno bene che sono quiz truffa che non c’entrano nulla con il merito, la passione, la capacità dei giovani di seguire un percorso per medicina”.
 
 La selezione, secondo il Presidente De Luca, dovrebbe svolgersi nel merito e risultare consequenziale alle naturali fasi di studio del corso di laurea, in modo da poter arginare una pratica che – rivendica – assume i caratteri dell’incostituzionalità, specie a proposito di centinaia di studenti che si vedono costretti a migrare all’estero per poter iniziare il proprio percorso accademico.
 
A questo proposito, la Regione Campania prosegue in quella che il Governatore definisce una battaglia di civiltà: “Se non ci saranno modifiche per il prossimo anno, sapete che come Regione Campania abbiamo approvato un Disegno di Legge che abbiamo mandato al Parlamento nazionale e al Governo italiano; siamo pronti anche a fare ricorso alla Corte Costituzionale”.
 
Una lunga battaglia, quella preannunciata da Vincenzo De Luca, nella quale ripongono le loro speranze moltissimi giovani della Campania, soprattutto quelli appartenenti al ceto medio- basso, che sanno di non potersi permettere l’iscrizione agli enti di preparazione al superamento dei test, che chiedono migliaia di euro all’anno, senza alcuna garanzia di successo, e che vendono, ormai con totale disinvoltura, i propri servizi fornendosi degli spazi concessi loro dalla scuola pubblica.