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Il cosiddetto Decreto Caivano ha introdotto una serie di misure che stanno avendo e continueranno ad avere effetti distruttivi sul sistema della giustizia minorile, sia in termini di aumento del ricorso alla detenzione che di qualità dei percorsi di recupero per il giovane autore di delitto”. Lo sottolinea l’associazione Antigone che oggi presenta il settimo rapporto sulla giustizia minorile e rileva che con il decreto Caivano sono stati fatti dei “passi indietro” e che nei primi mesi del 2024 sono già 500 i minori detenuti, un numero drammaticamente ‘record’ nell’ultimo decennio.
L’estensione delle possibilità di applicazione dell’accompagnamento a seguito di flagranza e della custodia cautelare in carcere stravolge l’impianto del codice di procedura penale minorile del 1988 e sta già determinando un’impennata degli ingressi negli Istituti penali minorili (Ipm)”, nota il rapporto.
All’inizio del 2024 sono circa 500 i detenuti nelle carceri minorili italiane. Sono oltre dieci anni che non si raggiungeva una simile cifra. Gli ingressi in Ipm sono in netto aumento. Se sono stati 835 nel 2021, ne abbiamo avuti 1.143 nel 2023, la cifra più alta almeno negli ultimi quindici anni. I ragazzi in Ipm in misura cautelare erano 340 nel gennaio 2024, mentre erano 243 un anno prima, segno evidente degli effetti del Decreto Caivano”, secondo Antigone.

La crescita delle presenze negli ultimi 12 mesi è fatta quasi interamente di ragazze e ragazzi in misura cautelare. Altro effetto del decreto – aggiunge Antigone – è la notevole crescita degli ingressi in Ipm per violazione della legge sugli stupefacenti, con un aumento del 37,4% in un solo anno”.
La presenza negli Ipm oggi è fatta soprattutto di ragazzi e ragazze minorenni e “la fascia anagrafica più rappresentata è quella dei 16 e 17 anni, ed in totale i minorenni sono in larga maggioranza, quasi il 60% dei presenti. Due anni fa la situazione era esattamente invertita. L’aumentata possibilità introdotta dal Decreto Caivano di trasferire i ragazzi maggiorenni dagli Ipm alle carceri per adulti sta facendo vedere i propri effetti, con danni enormi sul futuro dei ragazzi”, segnala il rapporto.
L’aumento delle pene e la possibilità di disporre la custodia cautelare in particolare per i fatti di lieve entità legati alle sostanze stupefacenti” continuerà “a determinare un grande afflusso di giovani in carcere anche in fase cautelare.
Invece di intervenire sui servizi per la tossicodipendenza e sull’educazione nelle scuole – rileva Antigone – si va a inasprire una figura di reato che porterà a maggiori arresti di minori che consumano sostanze psicotrope anche leggere e sono spesso coinvolti solo occasionalmente con lo spaccio”.

Il settimo Rapporto di Antigone sulla giustizia minorile e gli Istituti penali per minori – presentato oggi – evidenzia “i rischi di mettere da parte una bella storia italiana che ha costituito un vanto dentro la Ue, ed è quella della de- istituzionalizzazione dei ragazzi e delle ragazze”.
Invece, secondo l’associazione “punire per educare” è una “politica perdente”. Nelle comunità sonno ospitati 936 ragazzi pari a poco meno del doppio dei ragazzi reclusi, e ci sono solo tre strutture pubbliche su 628.
È illusorio, nonché socialmente dannoso, inseguire gli obiettivi ricompresi in questo slogan oggi tanto di moda nelle carceri e finanche nelle scuole. Uno slogan che è diventato politica attiva. La giustizia penale minorile – sottolinea Antigone – non meritava le involuzioni normative presenti nel cosiddetto Decreto Legge Caivano che ci riporta qualche decennio indietro nella storia giuridica del nostro Paese. A partire dal 1988, con l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, l’Italia aveva scelto un’altra via, quella dell’interesse superiore del minore”.
L’introduzione del “percorso di rieducazione del minore“, secondo Antigone, “stravolge l’idea di valutazione individuale volta al superiore interesse del minore propria della giustizia minorile. La sua proposizione è infatti obbligatoria nei casi previsti e il rifiuto da parte del giovane o la mancata riuscita del percorso va a determinare l’impossibilità di accesso alla messa alla prova”. “A differenza di quest’ultima, tuttavia, il percorso di rieducazione prevede obbligatoriamente che il giovane svolga lavori socialmente utili o altre attività a titolo gratuito, impedendo così la valutazione caso per caso del magistrato rispetto a come sia meglio per lui o per lei impiegare il proprio tempo (dove lo studio ha un ruolo privilegiato data l’età dei soggetti di riferimento)”, segnala inoltre Antigone.

I reati contro la persona sono il 22,7% dei reati a carico delle persone entrate negli Istituti penitenziari minorili. La categoria di reati più frequente sono i reati contro il patrimonio, che rappresentano il 55,2% dei totale dei reati a carico di tutti coloro che sono entrati in Ipm nel corso del 2023, il 63,9% se si guarda ai soli stranieri, e addirittura il 70,2% se si guarda alle sole donne. Tra i reati contro il patrimonio il più ricorrente è il furto, che pesa per il 15,1% del totale dei reati a carico di tutti coloro che sono entrati in Ipm nell’anno, e addirittura il 35,6% per le sole donne.
I reati contro l’incolumità pubblica (10,6% del totale) sostanzialmente coincidono con le violazioni della legge sugli stupefacenti, che rappresentano il 10,2% del totale dei reati a carico di chi è entrato in Ipm nel 2023, ed il 14,5% se si guarda ai soli italiani. Questi numeri, se si guarda agli ingressi nel 2022, erano rispettivamente il 6,9% e l’8,6%. Di fatto, se si confrontano i delitti a carico delle persone entrate in IPM nel corso del 2022 con quelle entrate nel 2023, la crescita maggiore è quella registrata appunto per le violazioni della legge sugli stupefacenti, che sono aumentate del 37,4% in un solo anno.

L’associazione Antigone denuncia, nei primi mesi del 2024, che sono già 500 i minori detenuti: un record drammatico nell’ultimo decennio. Tutto questo è dovuto a quella disgraziata norma che ha preso il nome di ‘Decreto Caivano’, adottata come molte in questa legislatura per scopi puramente demagogici. La politica criminale del governo, fatta di continui aumenti dei retai e delle pene, è solo inutile e deleteria, a maggior ragione se attuata nei confronti di minori.
È un modo di procedere che incide molto negativamente sul sovraffollamento carcerario e complica enormemente la riabilitazione dei detenuti e il loro reinserimento sociale: il tutto diventa poi ancor più nocivo e grave se pensiamo che qui si parla di minorenni. Bisogna smettere di pensare che la reclusione sia la soluzione a tutto e ragionare in senso più ampio, valorizzando la funzione preventiva della norma penale e rieducativa della sanzione”. Così il senatore di Italia viva – Il Centro – Renew Europe, Ivan Scalfarotto.