- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

I dati sui contagi da coronavirus di oggi, 6 maggio, confermano un trend che va avanti ormai da un bel po’ di giorni. Sintetizzando: nella sola Lombardia si registrano più casi che in tutto il resto del Paese.

L’incidenza del virus nella Regione guidata da Attilio Fontana è stato devastante: decine di migliaia di contagiati, migliaia di morti, incapacità del sistema sanitario di far fronte all’emergenza.  Del resto, il modo in cui l’amministrazione regionale lombarda ha affrontato la situazione è pieno zeppo di errori, lacune, omissioni, decisioni apparentemente inspiegabili.

Il lockdown su scala nazionale, decretato a partire dal 10 marzo, ha determinato uno choc economico del quale probabilmente ancora non comprendiamo le reali proporzioni. Ciò potrebbe tradursi, soprattutto nel Meridione d’Italia, in un disastro economico senza precedenti. Al netto delle misure prese dai vari presidenti delle Regioni Meridionali, primo tra tutti Vincenzo De Luca che in Campania ha messo in campo l’investimento più consistente del Paese in termini di aiuti alle famiglie e alle imprese, il rischio vero è che possa determinarsi un abbattimento sostanziale di una già precaria “economia reale”. Ora, a distanza di oltre due mesi dalla comparsa dei primi casi nel nostro Paese, si continua con insistenza a “decidere” come se l’Italia potesse essere trattata alla stregua di “un tutto omogeneo”.

Eppure, forse, le cose sarebbero potute andare diversamente. In tutta franchezza ci sembra che l’errore di fondo, che a cascata ha poi generato tutte le conseguenze che abbiamo sotto agli occhi, si sia verificato nella gestione del contagio in Regione Lombardia. Per quale ragione tra il primo decreto-legge del Consiglio dei ministri (23 febbraio) e la “chiusura” della Lombardia (8 marzo), a dispetto dei dati che crescevano senza freni, non venne istituita una zona rossa lungo l’asse Albino-Nembro-Alzano Lombardo, il focolaio bergamasco? Cos’è veramente accaduto all’Ospedale di Codogno? Per quale ragione, pur quando si era ormai in piena emergenza, molte attività lombarde – di fatto – non hanno mai chiuso i battenti?

A questo punto potrebbe insorgere il dubbio che una gestione più “severa” e stringente nella prima fase dell’emergenza coronavirus in Lombardia, avrebbe potuto evitare la necessità di un lockdown su scala nazionale. 

Insomma il Meridione e la Campania si trovano nella spiacevole condizione di sapere che avrebbero potuto non solo evitare a se stesse l’imposizione del lockdown ma di essere, ora, la parte d’Italia che pagherà il prezzo più alto del lockdown stesso. Con l’aggiunta che le “aperture” della “Fase Due” – identiche per la Lombardia come per la Campania e la Basilicata – potrebbero ingenerare una nuova diffusione del virus, atteso che l’incidenza del contagio nella regione a guida leghista resta ancora elevato.