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di Giovanna Fusco 

Benevento – Sempre più persone cedono alla possibilità del momento di modificare la propria immagine, rifacendosi a ideali di bellezza irraggiungibili, a canoni estetici perfetti e preferendo realtà artefatte a quelle naturali.

Filtri e app di fotoritocco diventano strumenti quotidiani e compagni di viaggio per apparire impeccabili agli occhi di chi ci osserva e ci giudica. Basta un download, un po’ di dimestichezza con i social e il gioco è fatto. Ma la “colpa” non è da attribuire al digitale: siamo noi che decidiamo come essere e cosa comunicare.

Senza dubbio la rivoluzione del web sta cambiando la percezione che abbiamo di noi stessi e di chi ci circonda, e questo non può che condizionare, soprattutto in un’età difficile e critica come quella adolescenziale, la psiche dei giovani: un like diviene la cura a un periodo di malessere, commenti positivi si trasformano nella medicina migliore. Ad un certo punto, però, sono due le strade da poter scegliere:

  • decidere di porsi un limite ed uscire da questo tunnel di dipendenza estetica;
  • continuare nell’artificio, con il rischio di apparire per ciò che non si è.

A prendere una ferma presa di posizione di fronte a un problema che sta degenerando inarrestabilmente ci ha pensato la Norvegia, che ha proposto un emendamento importante al suo Marketing Control Act. Di cosa si tratta, esattamente? Non è altro che una legge destinata a regolamentare pratiche di marketing verso i consumatori per contrastare pratiche poco trasparenti. Secondo tale modifica, gli influencer o i creators che ritoccano foto o usano filtri per migliorarle dovranno dichiararlo. È necessario precisare che la Norvegia, in questo modo, non vieta l’utilizzo dei filtri; introduce, semplicemente, l’obbligo del “labeling”, l’etichettatura, che ne rende esplicito l’uso.

La decisione sarà applicata a tutte le pubblicità, via social e non, per combattere quella che possiamo definire “insicurezza sociale”. La votazione dell’organo legislatore norvegese risale al due giugno, ma si attende il via libera del re.

La proposta è arrivata dal Ministero per l’Infanzia e la Famiglia, con l’intento di mettere un freno e un punto a un fenomeno che sta prendendo una piega sempre più preoccupante. Non sarà una norma facile da applicare, ma non impossibile e, cosa importante, pare che gli influencer e le celebrities l’abbiano per ora accolta piuttosto bene. La legge norvegese rappresenta una forte denuncia verso un fenomeno sociale più volte condannato, ma nei confronti del quale non si era ancora agito.

Su cosa dovremmo riflettere? C’è da fare una scelta: etica e trasparenza o irrealtà e perfezione. Siamo di fronte ad una generazione che, con troppa leggerezza, usa filtri e app di fotoritocco per migliorare il proprio aspetto, senza riuscire a far uso della ragione. E così, come in un film, per pochi secondi ci si sente appagati, senza pensare che la finzione, proprio perché tale, non esiste nella realtà.

Chiedo a tutte noi, che in passato abbiamo dovuto combattere il doppio degli uomini per raggiungere diritti e tutele che ci rendessero libere: vale davvero la pena stravolgerci per sentirci accettate? O piuttosto imparare a prendere consapevolezza dell’integralità della nostra personalità che non può ridursi soltanto a un bel visetto o a un corpo asciutto? Non sarebbe più corretto verso noi stesse vivere senza “stress da perfezione” e lasciare che sia il nostro cervello a renderci affascinanti e non solo il nostro aspetto che, un domani, inevitabilmente, cambierà? L’alternativa è inseguire per tutta la vita un modello di bellezza che rischia di rendere tossico il rapporto con noi stesse e con gli altri.