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Aquara (Sa) – “Papà ucciso da un errore medico nel 2018, ora vogliamo giustizia certa in tempi celeri ma il processo va a rilento”. È appello disperato che arriva dalla giovane imprenditrice cilentana Bianca Mucciolo, la figlia del ristoratore di 51 anni, Antonello Mucciolo detto “Tonino”, residente ad Aquara e morto a seguito di un errore medico commesso durante un intervento chirurgico al quale si era sottoposto nel 2018 presso l’ospedale Ruggi di Salerno e per il quale due anni fa, furono rinviati a giudizio tre medici.
Per quella vicenda giudiziaria, i tre sanitari, accusati di omicidio colposo, stanno affrontando un processo davanti al giudice monocratico della Terza Sezione penale del Tribunale di Salerno, Giuseppe Bosone.
La drammatica storia risale al mese di giugno del 2018 quando il 51enne, viene ricoverato all’ospedale Ruggi di Salerno per sottoporsi ad un intervento programmato in laparoscopia per l’asportazione di una massa surrenalica del peso di 437 grammi.
Intervento, che secondo i periti sarebbe sconsigliato in un paziente obeso come il 51enne, e durante il quale qualcosa però, va storto poiché secondo il Pubblico ministero che ha rinviato a giudizio i tre medici con le accuse di responsabilità medica colposa e omicidio colposo, i sanitari in cooperazione tra loro – “per imprudenza, imperizia e negligenza determinavano la morte di Mucciolo. Il chirurgo – secondo il Pm – nel procedere all’asportazione della massa nel paziente obeso, durante la preparazione dei piani chirurgici e nell’incidere il peritoneo posteriore, a causa di una erronea manovra procurava una lesione iatrogena di 3 centimetri sulla vena cava inferiore”. Errore medico, secondo la Procura di Salerno, che ha determinato un taglio di tre centimetri sulla vena cava tanto da innescare una importante e grave emorragia che i medici tentarono di tamponare apponendo delle garze per effettuare la compressione della vena.
Un tentativo erroneo di riparare il danno fatto quello dei medici che dopo ore durante le quali, i due sanitari sottoposero il paziente a numerose trasfusioni di sangue e a tamponamenti continui della vena recisa con le garze, vide i sanitari trasforare l’intervento di laparoscopia in un tradizionale intervento chirurgico senza però risolvere il problema, salvo poi, far intervenire un chirurgo vascolare che effettuò, diverse ore dopo, una chiusura del taglio della vena con la camplazione cioè l’apposizione di una pinza chirurgica “ad hoc” per il blocco dell’emorragia che però aveva già compromesso gli organi interni. Una situazione clinica compromessa quella del 51enne, ricoverato d’urgenza nel reparto di rianimazione del Ruggi dove dopo oltre due settimane di agonia, morì.
Errore medico riscontrato e confermato anche dalle perizie medico legali tanto da portare il Pm a chiedere ed ottenere il rinvio a giudizio per i tre medici che sono finiti in tribunale dove è in corso il processo penale in fase dibattimentale che vede imputati i tre sanitari e costituite in giudizio le parti civili, la moglie e le due figlie dell’imprenditore di Aquara.
Udienze che però, dal rinvio a giudizio degli imputati risalente a due anni fa, hanno visto fino ad oggi, decine di rinvii, mentre sempre nel tribunale di Salerno è parallelamente in corso il processo civile nel quale la famiglia della vittima ha trascinato in tribunale l’Asl di Salerno chiedendo un maxi risarcimento danni. Ad assistere la moglie e le figlie del 51enne, il collegio difensivo degli avvocati, Pasquale Mucciolo, Raffaele Falce e Federico Conte.
“Tra qualche mese – racconta Bianca Mucciolo – ricorderemo il quarto anniversario della morte di mio padre ma durante questi anni terribili, di dolore e di sofferenza per tutta la famiglia-sottolinea- non abbiamo mai smesso di chiedere giustizia in tempi celeri e una condanna esemplare dei medici. Ora però, la situazione è divenuta insostenibile – racconta – i tempi sono lunghi poiché ogni udienza è caratterizzata da rinvii e impedimenti ed intanto, la mia famiglia è distrutta e lacerata dal dolore. È sconvolgente vedere come noi familiari di una vittima di mala sanità – racconta la giovane imprenditrice – dobbiamo attendere anni per vedere l’inizio del processo. Tempo – chiosa – nel quale ogni speranza di ottenere giustizia è in bilico mentre i medici continuano a lavorare ricoprendo il loro posto. Vogliamo solo giustizia”.