- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

In tempi di crisi l’argomento migliore che si possa offrire ai cittadini è uno, e uno soltanto: la verità.

Discorsi vaghi, approcci timidi e de-responsabilizzanti, paternali infarcite di cose non dette o dette solo a metà, hanno il solo effetto di procrastinare – inasprendone gli effetti – ciò che ormai pare assolutamente inevitabile.  

Pertanto, per dirla chiaramente e senza fronzoli: il nostro Paese è ormai prossimo a un nuovo lockdown. L’escalation di contagi e l’andamento della curva epidemiologica indicano chiaramente che le cose andranno in questo modo.

In secondo luogo, c’è un altro elemento che risulta determinante nel bel mezzo di una crisi: la tempistica delle scelte. In una battaglia come quella che stiamo conducendo ormai da quasi un anno, anche solo una settimana può rivelarsi decisiva. Rimandare decisioni che sono tanto drammatiche quanto necessarie, nella vana attesa che intervenga un qualche elemento provvidenziale a rimettere a posto le cose, è atteggiamento che rischia di rivelarsi suicida.

Lo sa bene Vincenzo De Luca, che già diversi giorni addietro aveva prospettato con chiarezza l’esigenza di misure drastiche per contenere la diffusione del contagio. Ha commesso però un errore grossolano: ha sbagliato completamente il tono e la modalità dell’intervento. Non c’è più la disposizione ‘psicologica’ dei mesi di marzo e aprile quando tutti, nell’incertezza determinata dalla prima ondata, accettammo di buon grado misure oltremodo severe. Le conseguenze sul piano economico di quelle scelte hanno completamente stravolto lo scenario e, comprensibilmente, il sentire dei cittadini. Insomma, non è più tempo di bonapartismo e di scelte imposte col piglio del comandante in capo: è tempo di chiarezza e di decisioni sulla base di un ragionamento collettivo.

Il mantra ripetuto per mesi dal governo sulla necessità di bilanciare “salute e reddito”, semplicemente non tiene. Almeno non nella situazione in cui ci siamo cacciati. Abbiamo buttato al vento mesi preziosi, spesi invero a santificare le “magnifiche sorti e progressive” del governo Conte, nei quali avremmo potuto programmare misure economiche che potessero sul serio allievare le sofferenze degli operatori più colpiti. E ora, come spesso accaduto nella storia di questo Paese, non c’è più tempo. E soprattutto non abbiamo scelta. Continuare a restare nel guado significa mettere in conto decine di migliaia di morti. E sommare a una crisi economica devastante una altrettanto devastante crisi sanitaria.

Non si perda più tempo. Il governo abbia il coraggio di fare un discorso di verità e chiarezza ai cittadini e si assuma – subito – la responsabilità di fare ciò che non può più essere rimandato. Ma soprattutto faccia seguire con immediatezza, oltre al “Decreto Ristoro”, un piano economico che aiuti con concretezza e non solo nell’immediato un popolo stanco e stremato.