Compensi agli staffisti, la Regione Campania può essere salvata da una norma del governo Meloni. Nella disputa con la Corte dei conti, è la Consulta ad annunciare la possibile svolta. Con sentenza pubblicata oggi, la Corte Costituzionale si è infatti pronunciata sulla questione di legittimità sollevata dalla sezione controllo della Corte dei conti della Campania, con un’ordinanza del 3 marzo scorso. L’atto dei giudici contabili metteva nel mirino tre norme della Regione. Sono disposizioni relative alla finanziaria regionale del 2012, e alle modifiche approvate nel 2021, ad opera dell’attuale consiglio regionale. Nel contempo, l’ordinanza disponeva la sospensione del giudizio di parificazione sul Rendiconto 2023 dell’ente di Santa Lucia, con riferimento ad un solo capitolo di spesa. Vale a dire “limitatamente alle spese destinate al finanziamento dell’unico emolumento omnicomprensivo” per il personale degli uffici di diretta collaborazione (staffisti). Le presunte violazioni concernevano gli articoli 81, 97 (comma 1), 117 (comma 2 lettera L) e 119 (comma 1) della Costituzione.
Ma la Consulta adesso rileva un cambio di scenario normativo, come evidenziato dalla stessa difesa della Regione, nella memoria depositata il 16 settembre scorso. A dettarlo è il decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25 (Disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni), convertito con modificazioni a maggio. Dunque, una norma voluta dal governo Meloni. E successiva all’ordinanza di rimessione della Corte dei conti campana. Si tratta “di una legge di sanatoria, che non è preclusa al legislatore” scrive la Consulta, senza mezzi termini. E vale chiaramente per tutte le Regioni. Pertanto, i giudici costituzionali hanno ordinato la restituzione degli atti alla Corte dei conti, per una rivalutazione del caso. Sul decreto legge, tra l’altro, pendono a sua volta dubbi di costituzionalità. A sollevarli è la richiesta della Procura della Corte dei Conti della Campania (pm Davide Vitale e Mauro Senatore), nell’ambito di un processo contabile a consiglieri, ex consiglieri e funzionari regionali. Sulla necessità di rivolgersi ancora alla Consulta deciderà stavolta la sezione giurisdizonale, che lo scorso ottobre si è riservata.
LA DISPUTA: “STIPENDI TALVOLTA DUPLICATI AGLI STAFFISTI”
Per il personale assegnato agli uffici di diretta collaborazione degli organi politici del Consiglio regionale, la legge regionale della Campania n. 1 del 2012 ha istituito un unico emolumento onnicomprensivo, sostitutivo di tutte le voci del trattamento economico accessorio. Per intenderci: sono le voci comprensive dei compensi per la produttività collettiva e la qualità delle prestazioni individuali, nonché della remunerazione del lavoro straordinario e di ogni altra indennità di funzione. La stessa legge ha attribuito all’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale la determinazione dei criteri di individuazione dell’ammontare dell’emolumento e delle modalità di erogazione. Si è stabilito che esso debba essere calcolato tenendo conto del complessivo trattamento economico accessorio, fissato dai contratti collettivi integrativi di lavoro per il personale di ruolo del Consiglio regionale. “In punto di fatto – argomenta la Consulta -, la Corte dei conti ha riferito che l’emolumento onnicomprensivo previsto dalle disposizioni censurate è stato determinato dalle deliberazioni dell’Ufficio di presidenza n. 22 e n. 23 del 29 aprile 2021 che hanno previsto un salario accessorio in alcuni casi addirittura equivalente al trattamento fondamentale della rispettiva categoria di appartenenza, così duplicando il trattamento stipendiale base”. La copertura per l’esercizio 2023 della spesa in questione è stata assicurata dalla legge della Regione Campania 29 giugno 2021, n. 5 (Misure per l’efficientamento dell’azione amministrativa e l’attuazione degli obiettivi fissati dal Defr 2021- 2023 – Collegato alla stabilità regionale per il 2021). “Tale disposizione, nel testo all’epoca vigente – ricorda la Corte Costituzionale -, ha stabilito che «[a]ll’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 23, commi 12-bis e seguenti, della legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Campania – legge finanziaria regionale 2012) e successive modifiche, si provvede, a decorrere dall’annualità 2021, per un importo massimo di euro 5.900.000,00, a valere sulle risorse del bilancio del Consiglio regionale della Campania per il triennio 2021-2023». Pertanto, l’importo effettivamente corrisposto nel triennio 2021-2023, pari a euro 7.492.565,56, non risulterebbe conforme alla suddetta autorizzazione di spesa”. Inoltre, aggiunge la Consulta, “tali risorse hanno trovato copertura direttamente nel bilancio, senza essere imputate al fondo salario accessorio, così determinando un’espansione della spesa di parte corrente di importo pari a quello corrisposto, con incidenza sui saldi finali e sul risultato di amministrazione”.
I giudici costituzionali chiariscono: “La questione sarebbe dunque rilevante, poiché la sua definizione condizionerebbe il giudizio di parificazione del rendiconto della Regione Campania per l’esercizio 2023″. La parifica 2023 è appunto solo parziale, in attesa di dirimere la controversia. “Ove si procedesse alla parifica applicando le disposizioni censurate – dice la Consulta -, si finirebbe per validare risultanze contabili (in primis, il risultato di amministrazione) derivanti dall’indebito impiego di risorse per il finanziamento di tali emolumenti”. Nell’istituire un nuovo trattamento economico accessorio “riservato a una particolare categoria di dipendenti regionali (staffisti, ndr)– argomenta la sentenza -, (…) il legislatore regionale, sostituendosi alla contrattazione collettiva e regolando direttamente alcuni aspetti della retribuzione, avrebbe invaso la sfera di competenza legislativa statale esclusiva nella materia «ordinamento civile»”. Difatti, fino all’entrata in vigore di un altro decreto legge, il n.44/2023 (Disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche), la disciplina del trattamento economico accessorio dei dipendenti regionali era regolata dalla legge statale. In più, secondo la magistratura contabile le censurate norme della Regione “avrebbero determinato un aumento della spesa per il personale regionale, così incidendo negativamente sugli equilibri di bilancio”. E per concludere, per la Corte dei conti si sarebbe violato “l’art. 136 Cost., per l’«elusione dei principi affermati […] con la sentenza n. 146/2019», che ha dichiarato costituzionalmente illegittima la previsione, da parte della stessa Regione Campania, di un trattamento economico accessorio per il personale regionale ritenuto «similare» a quello oggetto di censura”.
Ma una grossa mano alla Regione giunge proprio dal decreto legge del marzo scorso. Per suo effetto, sono “fatti salvi gli atti e i provvedimenti adottati dalle regioni – avverte la Consulta – in adeguamento alle disposizioni del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, ndr)”, nonché gli effetti prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla base degli stessi”. In poche parole, una “legge di sanatoria”. La Consulta è esplicita al riguardo. “L’ampiezza di questa disposizione sopravvenuta – ammonisce – è tale da ricomprendere anche i provvedimenti attuativi delle disposizioni censurate e, in particolare, le delibere dell’Ufficio di presidenza della Regione Campania n. 22 e n. 23 del 29 aprile 2021″. Dunque, alla luce di ciò, “tali atti potrebbero ritenersi idonei a giustificare gli esborsi sostenuti dalla Regione Campania, come riportati nel rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2023, oggetto del giudizio di parificazione dinnanzi alla Corte dei conti”. Si parla insomma di “un sostanziale mutamento del quadro normativo di riferimento”. Adesso la palla torna alla magistratura contabile. “Spetta quindi alla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania – sentenzia la Consulta -, rivalutare, su questa base, la legittimità delle imputazioni contabili effettuate dalla Regione Campania ai fini del giudizio di parificazione del rendiconto generale regionale per il 2023 e se permangano tuttora i dubbi di legittimità costituzionale originariamente espressi nell’ordinanza di rimessione”.























