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Ieri sera è andato in onda, negli studi della nota trasmissione televisiva “Porta a Porta“, il dibattito tra il governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana e il governatore della Campania Vincenzo De Luca. Un “duello” atteso al pari di una finale di Champions League, tra i due personaggi politici che – per ragioni opposte – hanno saputo catalizzare l’attenzione pubblica in questo periodo di emergenza sanitaria.

Ora, è proprio da una dichiarazione di Attilio Fontana che vogliamo partire. Qualche giorno fa, in risposta a una provocazione di De Luca, Fontana sentenziava tronfio: “Noi non chiuderemo le porte ai campani che si curano nei nostri ospedali“. Bene. Anzi, benissimo ci verrebbe da dire. Lo slancio umanitario di un governatore leghista è sempre meritevole di considerazione. Ma – cosa volete? – nell’ascoltare questa dichiarazione il tarlo del dubbio si è impossessato di noi. Pertanto, abbiamo deciso di porci qualche domanda. 

Banalmente: ha la Lombardia un qualche interesse economico ad accogliere i cittadini campani nelle proprie strutture sanitarie? Ecco, la risposta non la forniamo noi, ma il rapporto elaborato dalla “Fondazione GIMBE” che si occupa da anni di monitorare lo stato di salute del Servizio Sanitario Nazionale. 

Il Rapporto della Fondazione Gimbe (anno 2017) affronta il tema della Mobilità Sanitaria nazionale (in sostanza, quanti pazienti si spostano da una regione all’altra per usufruire di prestazioni sanitarie): “Dal punto di vista economico, la mobilità attiva rappresenta per le Regioni una voce di credito, mentre quella passiva una voce di debito; ogni anno la Regione che eroga la prestazione viene rimborsata da quella di residenza del cittadino“. 

Di fatto, le prestazioni sanitarie offerte dalle regioni che accolgono pazienti da altre regioni vengono rimborsate dalle regioni nelle quali questi ultimi risiedono. Se un cittadino campano si cura in Lombardia, alla Regione Campania toccherà l’onere del rimborso. 

Nel 2017 il valore della mobilità sanitaria ammonta a € 4.578,5 milioni (oltre 4.5 miliardi di euro). Nella tabella di seguito i valori in termini di crediti, debiti e saldi per le 19 Regioni e 2 Province autonome per l’anno 2017 (fonte Fondazione GIBEM):

Come si evince dalla Tabella, la Campania presenta il peggior saldo con un passivo di oltre 320 milioni di euro, mentre la Lombardia presenta un attivo per oltre 800 milioni di euro.

Di seguito una tabella che mostra la Mobilità Sanitaria Attiva, che identifica le prestazioni erogate da ciascuna Regione per cittadini non residenti: in termini di performance esprime il cosiddetto “indice di attrazione” e in termini economici identifica i crediti esigibili da ciascuna Regione:

Di converso una tabella che mostra la Mobilità sanitaria passiva, che identifica le prestazioni erogate ai cittadini al di fuori della Regione di residenza: in termini di performance esprime il cosiddetto “indice di fuga” e in termini economici identifica i debiti di ciascuna Regione:

“Il valore della mobilità sanitaria regionale nel 2017 supera i € 4.578,5 milioni, una percentuale apparentemente contenuta (4%) della spesa sanitaria totale (€ 113.131 milioni), ma che assume particolare rilevanza per tre ragioni fondamentali. Innanzitutto, per l’impatto sull’equilibrio finanziario di alcune Regioni, sia in saldo positivo (es. Lombardia + € 784 milioni), sia in saldo negativo (es. Calabria -€ 281 milioni; Campania -€ 318); in secondo luogo, per la dispersione di risorse pubbliche e private nelle Regioni con offerta carente di servizi“, queste alcune delle conclusioni del Rapporto della Fondazione GIMBE.

Senza voler incorrere in banali semplificazioni (appare evidente che se vi è mobilità sanitaria ciò lo si deve, anche e soprattutto, alla diversità – in termini di qualità – di prestazioni sanitarie offerte), il tema è proprio quello di un riequilibrio complessivo della qualità del nostro Sistema Sanitario Nazionale su tutto il territorio nazionale.

Se, come scriveva Barbara Gobbi dalle colonne del Il Sole 24 Ore “l’88% del saldo in attivo (chi riceve pazienti) va ad alimentare le casse di Lombardia, Emilia Romagna e Veneto – che sono anche le tre Regioni più avanti nel processo di autonomia differenziata – mentre il 77% di quello passivo (chi “esporta” pazienti) pesa su Puglia, Sicilia, Lazio, Calabria e Campania”, è chiaro che il sistema non può reggere e che forse le parole di Fontana non erano animate solo da francescano spirito di solidarietà.