di Gigi Caliulo
In vetta alla classifica dal primo “giro” del pallone. Sempre al comando, spesso in solitudine. Capace di soffrire, cadere e rialzarsi al primo appiglio. Pronta a sporcarsi le mani, ad abbandonare il fioretto e ad impugnare la clava.
Non chiamatela più “sorprendente”, non definite il suo cammino “da valutare”. La Salernitana è prima in classifica, di nuovo senza coinquilini, con regolarità da undici giornate di campionato e se il suo cammino è stato di fatto costante, con due soli incidenti di percorso (Cerignola e Catania) peraltro superati in scioltezza alla gara successiva, a questo punto non c’è più tempo per valutazioni ed attese.
Lo ha chiarito, con un pizzico di legittima “rabbia sportiva” anche Raffaele dopo il derby vinto contro la Casertana. “Se siamo primi dopo undici giornate qualcosa vorrà pur dire”, ha sottolineato ieri sera il tecnico granata nel dopo partita.
E qualcosa vuol dire, è vero. Perché anche ieri sera, al termine del match dell’Arechi, si è avuta netta la sensazione che il primo posto è il giusto premio per una squadra che si è perfettamente calata nella realtà di un campionato dove non esistono partite facili o avversari pronti ad accettare passivamente il ruolo di vittima sacrificale.
La Salernitana che ha vinto con merito il derby con la Casertana ha lasciato l’Arechi con la consapevolezza che ormai non è più il tempo delle mezze misure. Da squadra di lotta e di governo la truppa di Raffaele ha portato a casa altri tre punti fondamentali al termine di un match aspro, condizionato anche dall’atteggiamento degli avversari.
Ha accettato di giocarla contrastando le armi dei falchetti, venuti a Salerno con il chiaro intento di costringere al non-gioco i granata e “sorretti” da una direzione arbitrale sin troppo timida e remissiva. Si è anche innervosita ma, alla lunga, non ha ceduto alle provocazioni sportive, ha affrontato una squadra costantemente sottopalla che non ha mai impensierito Donnarumma.
Ha trovato il vantaggio e “ritrovato” il suo quarto arciere, quel Liguori tanto discusso e “contestato” da parte della piazza per questioni che nulla hanno a che vedere con la professionalità e il campo di gioco, l’ha legittimata con la zuccata di Golemic, l’ha portata a casa nonostante abbia subito l’ennesimo gol “evitabile” nel finale.
E se c’è qualcosa che lascia ben sperare per il futuro, ebbene è proprio da ricercare nel fatto che questo gruppo sa anche soffrire, sopperendo alla vera, evidente lacuna fin qui emersa. Prende troppi gol, questa squadra. Troppi per una squadra che vuole vincere ma che sa allo stesso tempo che alcun avversario accetterà di lasciare i tre punti senza provarle tutte per metterle lo sgambetto.
Archiviato il derby e la sua splendida cornice (coreografia e partecipazione del pubblico legittimano le ambizioni di un gruppo che vuole mettersi da subito alle spalle questo campionato infernale) la Salernitana si prepara alla prima trasferta-esodo in programma domenica a Latina.
Al Francioni sarà un’altra battaglia sportiva ma per la prima volta in questa stagione i granata avranno il sostegno massiccio di almeno 1500 tifosi al seguito. La “riapertura” delle frontiere per il popolo salernitano – vendita libera dei tagliandi dopo l’ok del Viminale della scorsa settimana – riporta la chiesa al centro del villaggio.
Raffaele dovrà fronteggiare l’ennesima emergenza in mediana. Mancheranno, ancora, Cabianca e DeBoer (per il primo c’è forse la speranza di una convocazione dopo il lungo stop) e soprattutto Capomaggio, che ieri ha raggiunto il tetto delle cinque ammonizioni e sarà fermato dal giudice sportivo. Dunque la mediana sembra già scritta, con Tascone e Varone al centro del campo. Una coperta leggermente corta ma non per questo poco qualitativa.
Sarà un altro esame da grande per la Salernitana, un’altra grande occasione per scavare, netto, un solco di separazione con tutte le inseguitrici, soprattutto la “middle class” del campionato che ormai si sta allontanando dal terzetto che si giocherà il primo posto della classifica.























