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di Giuseppe Di Martino

Si chiama Ruben Santopietro e si occupa di Digital Marketing applicato al settore del turismo. La sua startup Visit Italy è diventato un punto di riferimento sul web e ha superato il mezzo milione di visitatori su Facebook. Il progetto nasce dalla necessità di valorizzare i beni culturali della nostra penisola attraverso mirate strategie di mercato, supportata dall’azienda Marketing Italia, che negli ultimi due anni ha finanziato i progetti “Visit Naples” e “Visit Venezia”. Anteprima24 ha incontrato il giovane imprenditore.

Come è riuscito a conquistare il web con il proprio brand?

Fin dal 2016, l’anno della fondazione della società, abbiamo sempre provato a raccontare il “perché” di cosa stessimo facendo. In ogni comunicazione o azione di marketing adottata, al centro c’è sempre stato il motivo che spinge ognuno di noi in azienda a svegliarsi la mattina, un motivo più grande del solo fine pubblicitario. Il nostro obiettivo è raccontare al mondo l’Italia autentica, quella delle eccellenze, del paese con il maggior numero di siti Unesco al mondo, l’Italia delle tradizioni, culturali e culinarie, dal Trentino fino alla Sicilia. Da quando è partita tre anni fa Marketing Italia, abbiamo sempre lavorato a progetti e sfide che ci emozionassero… ed è una vera e propria magia che si crea, più ti emoziona quello che fai, più l’anima della tua comunicazione inizia a splendere.

Come ha fatto a rendere più visibile la sua azienda nel web?

Esistono esperti di marketing a livello mondiale, come ad esempio Seth Godin, il fondatore di Yahoo, che ritengono che il “content marketing” sia l’unico genere di marketing rimasto. Cosa vuol dire questo? Che oggi mettere contenuti di valore al centro della propria strategia, è alla base per la costruzione di qualsiasi brand online. Dietro i progetti che Marketing Italia cura, e che oggi contano una community di quasi 2 milioni di utenti, ci sono più di 200 milioni di views accumulate sul web per i contenuti video. La nostra strategia è da sempre orientata al “content marketing”, attraverso la produzione di contenuti originali e di stampo virale.

Cosa serve per diventare un esperto digitale e riuscire a fare la differenza?

Sicuramente tanta formazione, tanta pratica ed anche tanti errori. Amo molto la filosofia americana, negli Stati Uniti i fallimenti vengono portati come stemmi al petto, perché significano esperienza e capacità di reagire in maniera diversa in caso di situazioni analoghe. In Italia c’è ancora tanta paura di provarci, di sbagliare, di mettersi in gioco… In qualsiasi settore per fare la differenza occorre essere disposti a fare cose che gli altri non sarebbero disposti a fare, a rischiare, ad adottare nuove strategie, serve studio e tanta determinazione. 

Instagram ha deciso di reintrodurre gradualmente i like ai post. Come si pone la sua azienda a riguardo e qual è il suo rapporto con gli influencer?

La iologia sostiene che i like siano come lo zucchero, un breve impulso che va dritto al cervello ad iniettare gli ormoni della felicità, come la serotonina. Perché Instagram e Facebook hanno spopolato? Perché vendono la felicità su larga scala a chi ne è dipendente, che necessiti di piccole o di grandi dosi. Oscurare il numero dei like è stata una “fase test” per Instagram e nonostante la finalità nobile di liberare gli utenti dalla pressione del consenso, molto probabilmente il risultato sarà quello di reintegrarli. Poco importa, chi investe in influencer marketing in maniera seria, come dato valutava le impression già da tempo, più che il numero dei like, truccabili in mille modi diversi.

È notizia di oggi che Twitter bloccherà dal 22 novembre la possibilità ai politici di comprare spazi a pagamento. E’ la giusta soluzione per evitare che i partiti politici diventino delle aziende?

Colossi come Twitter, Google, Facebook ed Instagram oggi non sono più solo delle multinazionali, ma attraverso le rispettive piattaforme, sono capaci di fornire a chiunque un potere di influenza molto superiore agli strumenti del passato. La questione Twitter forse è morale più che digitale, alla stregua di temi come la legittima difesa o la pena di morte ancora in vigore in alcuni stati. Probabilmente la domanda da porci è se è giusto che siano aziende private a prendere questo genere di decisioni o forse dovrebbero esistere degli organi istituzionali preposti a farlo.