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Nel 2021 la Campania risulta penultima per livelli di spesa sanitaria, ed inadempiente nel monitoraggio dei Lea. Un quadro da brividi emerge dal Report Svimez “Un Paese, due cure. I divari Nord-Sud nel diritto alla salute”. La ricerca è stata presentata oggi a Roma, in collaborazione con Save the Children. Ai dati allarmanti si sommano alcune considerazioni. Si rileva che andrebbe “corretto il metodo di riparto regionale del Fondo Sanitario Nazionale per tenere conto dei maggiori bisogni di cura nei territori a più elevato disagio socio-economico”. E inoltre che “l’autonomia differenziata rischia di ampliare le disuguaglianze nelle condizioni di accesso al diritto alla salute”.

SPESA SANITARIA
Dai dati regionalizzati di spesa sanitaria risultano livelli di spesa per abitante, corrente e per investimenti, mediamente più contenuti nelle regioni meridionali. A fronte di una media nazionale di 2.140 euro, “la spesa corrente più bassa
si registra in Calabria (1.748 euro), Campania (1.818 euro), Basilicata (1.941 euro) e Puglia (1.978 euro)”. Per la parte di spesa in conto capitale, “i valori più bassi si ravvisano in Campania (18 euro), Lazio (24 euro) e Calabria (27 euro)”. Il dato
nazionale si attesta su una media di 41 euro.

SPERANZA DI VITA
Nel 2022, per l’Istat, la regione con la più bassa aspettativa è la Campania: 83,1 anni per le donne (contro una media nazionale di 83,7) e 78,8 per gli uomini (il dato nazionale è di 80,5).

MORTALITÀ EVITABILE
Analoghi divari Nord-Sud “si osservano per la mortalità evitabile”. Quattro regioni del Centro-Sud presentano i valori più elevati quella delle donne: Campania (14,7), Sicilia (13,4), Lazio (12,6) e Calabria (12,2). Per gli uomini, le prime tre regioni sono Campania (26,2), Sardegna (25,3), Calabria (24,9).

LEA
Quanto ai Livelli essenziali di assistenza, l’ultimo monitoraggio “predisposto dal Ministero della Salute per il 2021 evidenzia che, con l’eccezione di Puglia, Abruzzo e Basilicata, le regioni del Mezzogiorno sono inadempienti nel garantire l’erogazione dei Lea”. Vale a dire che “in almeno uno dei tre ambiti di assistenza (prevenzione, distrettuale e ospedaliera) non raggiungono il punteggio minimo (60 su una scala tra 0 e 100). Inadempiente, dunque, anche la Campania. I punteggi: Prevenzione 78,37, Distrettuale 57,52, Ospedaliera 62,68.

ACCERTAMENTI SPECIALISTICI
Soddisfazione degli utenti per gli accertamenti specialistici: tra le regioni del Sud, “l’unica a scavallare la media nazionale è l’Abruzzo (44%); a mostrare i risultati più deludenti sono Puglia (29%), Calabria (28%), Basilicata (26%) e Campania (17%)”.

PREVENZIONE ONCOLOGICA
Nell’ambito della prevenzione oncologica, “i divari sanitari sono particolarmente marcati: la scarsa adesione al Sud riflette anche le carenze di offerta”. I dati relativi “agli screening organizzati dai SSR confermano i profondi divari regionali nell’offerta di servizi che dovrebbero essere garantiti in maniera uniforme in quanto compresi tra i Lea”. Le quote “più basse si registrano in Campania (20,4%) e in Calabria, dove le donne che hanno effettuato screening promossi dal Servizio Sanitario sono appena l’11,8%”. Sempre in Calabria, “risulta particolarmente elevata la quota di donne che hanno effettuato invece lo screening mammografico su iniziativa spontanea: circa il 30% (un dato simile si ravvisa in Campania)”.

MOBILITÀ SANITARIA
La mobilità sanitaria interregionale “riflette le disparità tra Ssr nella quantità e qualità di offerta assistenziale”. Un recente Report della Corte dei Conti, per il decennio 2010-2019, assegna alla Campania un saldo ngativo di 2,94 miliardi. Con riferimento ai ricoveri per patologie oncologiche, le “regioni dalle quali si ‘fugge’ di più sono la Calabria e la Campania: in un solo anno, oltre 6 mila pazienti oncologici calabresi (3.100) e campani (3.302) hanno ricevuto assistenza fuori dai confini regionali”. Circa un terzo (28%) delle migrazioni oncologiche della Campania è verso il Ssr del Lazio.

RIPARTO FINANZIAMENTI
Il report è chiaro: “Correggere il metodo di riparto regionale del finanziamento della sanità sulla base degli indicatori di deprivazione rafforzerebbe le finalità di equità del Ssn”. Ma il peggio sembra dietro l’angolo. “Se non interverranno modifiche nell’attuale metodo di riparto – avverte la Svimez -, oltre a incidere sulla quota di risorse complessivamente allocate al Ssn, le dinamiche demografiche previste in Italia per i prossimi decenni (calo demografico e invecchiamento della popolazione) avranno ricadute significative sull’allocazione regionale delle risorse, penalizzando ulteriormente il Mezzogiorno”. Il calo demografico “al 2080 investirà l’intero Paese (-13 milioni di residenti), ma sarà soprattutto il Sud a perdere popolazione: circa -40%, il doppio della caduta del Centro, quattro volte il calo del Nord”. Nel Mezzogiorno la riduzione delle risorse “si accentuerà in tutte le regioni, e in particolare in Sicilia e Campania (rispettivamente –1,7 e –1,6 punti), seguite dalla Puglia (–1,4 punti)”.