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Figurano anche tre ispettori della Guardia di Finanza e un dirigente dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione in servizio a Napoli tra i 12 destinatari di altrettante misure cautelari (tra cui imprenditori e professionisti) ritenuti appartenenti a un’associazione a delinquere accusata di avere messo a segno un’ ingente frode d’Iva di livello transnazionale attraverso la commercializzazione di prodotti elettronici, in particolare di Airpods.

Il sistema escogitato avrebbe reso possibile la frode e anche la vendita illecita a prezzi estremamente bassi violando le leggi sulla concorrenza. A indagare sulla vicenda è stato il Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli. I militari hanno notificato le misure cautelari su richiesta della Procura Europea che ipotizza, oltre alla frode transnazionale, anche i reati di corruzione, accesso abusivo ai sistemi informatici, riciclaggio e autoriciclaggio.

La base dell’associazione è stata localizzata in uno studio professionale partenopeo, che opera anche all’estero. Per la precisione si tratterebbe dello studio di via San Tommaso d’Aquino, ricondotto a Giovanni Pizzicato, imprenditore leader nel settore del ferro, in passato titolare di alcune partecipazioni societarie in alcuni locali della movida, finito in cella assieme al fratello Giuseppe, al termine di un’inchiesta condotta su più livelli. I commercialisti Giovanni Pizzicato e Fabrizio Mezzaro vengono indicati come promotori e organizzatori, gestori occulti di una società di consulenza, che sarebbe stata utilizzata «per ricevere illeciti pagamenti da imprenditori per le corruzioni dei pubblici ufficiali, giustificati da fittizie consulenze». In questa vicenda entrano in gioco altre figure professionali: Giulio Ferri e Michele Petrellese avrebbero messo in piedi frodi carosello. E non è tutto: nell’inchiesta dovranno dimostrare la correttezza della loro condotta, anche Mario De Lucia, Generoso De Santis e Giuseppe Silvestro, tutti appartenenti alla Guardia di Finanza, che avrebbero fornito informazioni in ordine alle indagini svolte dagli uffici di appartenenza; ma anche Antonio Cristoforo, dirigente dell’agenzia delle entrate-riscossione, che avrebbe effettuato «accessi indebiti e abusivi ai sistemi informatici», adoperandosi – si legge – per i soggetti che si rivolgevano allo studio Pizzicato-Mezzaro.

La frode si basava proprio di pubblici ufficiali infedeli – finiti tutti in carcere, tra Santa Maria Capua Vetere (Caserta) e Poggioreale, a Napoli – e le indagini della Procura Europea hanno interessato ben 19 Paesi dell’Unione. I pubblici ufficiali arrestati, secondo quanto emerso, si sono mostrati disposti a rivelare informazioni coperte da segreto, acquisite accedendo a dabatase riservati, in cambio di “mazzette”. La Guardia di Finanza di Napoli ha anche sequestrato beni mobili e immobili per otto milioni di euro. 

Nel corso delle indagini dei finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Napoli che hanno consentito di fare luce su un’ingente frode transnazionale, nella quale sono risultati coinvolti tre finanzieri e un dirigente dell’Agenzia delle Entrate in servizio a Napoli, è anche emerso che l’associazione a delinquere con base a Napoli era riuscita a prendere parte alla compravendita di un credito Iva fittizio di 200 milioni di euro, messo a disposizione da una società statunitense del Delaware utilizzato poi per compensare i propri ingenti debiti tributari. Per frodare il fisco veniva utilizzato il rodato meccanismo “carosello” ma fondamentale era l’apporto dei finanzieri infedeli che ostacolavano gli accertamenti dei colleghi finalizzati a fare luce sugli illeciti tributari e gli altri reati finanziari. Le indagini dei finanzieri partenopei, coordinati dalla Procura Europea, hanno anche consentito di scoprire che i proventi della frode venivano riciclati nel commercio di metalli ma sempre basandosi su modalità illecite.