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Il tempo delle retorica è ampiamente superato. Il tempo dei tentennamenti, delle oscillazioni e delle incertezze è ormai alle nostre spalle.
Questa è l’ora della responsabilità. E la responsabilità impone il dovere di chiamare le cose con il loro nome: stiamo vivendo il periodo più duro e tragico della storia Repubblicana. Il provvedimento del governo Conte che ha reso l’Italia intera “zona protetta” va assolutamente oltre l’eccezionale. Una limitazione delle libertà personali stringente ma inevitabile (e forse finanche tardiva).

E’ chiaro che ognuno di noi avrebbe mai potuto lontanamente immaginare che un giorno – nella propria vita – avrebbe dovuto interrogarsi sulla legittimità dei propri spostamenti. Ma è successo. Siamo piombati in questa cosa qui. Il virus ha stravolto tutto ciò che ci sembrava normale, abituale, immutabile. Un rivoluzionamento che coinvolge ogni ambito della nostra vita. E le rivoluzioni come le guerre comportano degli stravolgimenti. In questo stravolgimento a noi viene lasciata solo un’opzione: combattere insieme contro questo nemico subdolo e invisibile.

Combattere insieme vuol dire mettere da parte ogni piccolo egoismo. Vuol dire riconoscere nell’altro un alleato e non un potenziale nemico. Vuol dire riscoprire il senso di comunità. Vuol dire sentire fino in fondo l’appartenenza ad un popolo e ad una nazione che condivide lo stesso destino. Vuol dire tendersi idealmente la mano nel rispetto delle regole.

Siamo tutti obbligati, in ultima analisi, ad uno sforzo collettivo.

Ogni generazione è chiamata ad assolvere il proprio compito nei confronti della storia. A noi è toccato questo: un compito durissimo ma non impossibile.
Ne usciremo. Ma solo insieme: nessuno si salva da solo.