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Valva (Sa) – Sarà ricordato come l’anno della “multa al dolore” quello che si è concluso nel territorio salernitano dove a seguito della tragedia dell’Hotel Rigopiano del 2017, il primo ad essere stato processato è Alessio Feniello, padre di Stefano (la vittima salernitana del resort), condannato al pagamento di una multa di 4500 euro per aver depositato un mazzo di fiori sulle macerie dell’hotel, violando, secondo la Procura di Pescara, i sigilli giudiziari dell’area sottoposta a sequestro.
Erano le ore 16.45 circa del 18 gennaio 2017 quando una slavina si staccò dalla cima del Gran Sasso, raggiungendo e facendo crollare l’hotel Rigopiano di Farindola, in Abruzzo, dove rimasero intrappolate vive tra le macerie, 40 persone, tra clienti e dipendenti del resort di cui 29 morti e 11 sopravvissuti. Tra le vittime della tragedia di Rigopiano, anche il giovane 28enne originario di Valva, nel salernitano, Stefano Feniello, che si trovava a Rigopiano per festeggiare il suo compleanno e i cinque anni di fidanzamento insieme alla sua fidanzata, Francesca Bronzi, quest’ultima sopravvissuta alla slavina.
Tragedia che ha portato all’iscrizione sul registro degli indagati di oltre venti persone e della società titolare del resort, accusati a vario titolo, di omicidio plurimo colposo, disastro colposo, ecc.. Accuse che hanno portato a due filoni d’inchiesta: “Rigopiano” che è stato archiviato dal Gip il mese scorso e “Rigopiano bis”, quest’ultima inchiesta che riguarda i depistaggi ad opera di alcuni funzionari pubblici circa le indagini avviate sull’inchiesta madre.
Intanto però, per ora l’unico destinatario di un decreto di giudizio immediato per la tragedia di Rigopiano, è papà Alessio, mentre i presunti responsabili e indagati per il crollo del resort, tra funzionari e politici, continuano a ricoprire i loro incarichi lavorativi.
56 anni, Feniello (che insieme a sua moglie Maria e al figlio primogenito Andrea, nei giorni seguenti la valanga erano stati erroneamente informati dai funzionari della Prefettura di Pescara che Stefano era tra i sopravvissuti, salvo poi, alcuni giorni dopo, scoprire il contrario nella sala mortuaria dell’obitorio ospedaliero con l’arrivo del corpo del giovane privo di vita), a gennaio del 2019 è stato condannato al pagamento di una multa di circa cinque mila euro per essersi introdotto nella zona rossa sulle macerie dell’hotel per depositare un mazzo di rose nel luogo in cui è morto il figlio Stefano.
Condanna alla quale papà Alessio ha presentato opposizione tanto che vi è in corso un processo che ha avuto inizio a settembre presso il tribunale di Pescara. Una vicenda che ha dell’assurdo dunque, se si pensa che una tragedia italiana come Rigopiano sin dai primi giorni ha evidenziato omissioni ed incapacità di uomini delle Istituzioni a fronteggiare l’emergenza neve, i soccorsi e la viabilità, che hanno provocato solo morte e dolore, distruggendo 29 famiglie che chiedono verità e giustizia e che ha lasciato sgomento anche nel territorio salernitano della Valle del Sele, terra di origine della famiglia di Stefano Feniello, costretta a subire oltre al dolore anche la beffa di una giustizia lenta e di un processo al dramma di un padre che chiede solo di poter pregare nel luogo dove ha spirato per l’ultima volta al gelo, il suo giovane figlio.