Tempo di lettura: 3 minuti

Quindici persone sono state denunciate in stato di libertà nel corso di altrettante perquisizioni che hanno portato alla scoperta di una presunta serie di truffe ai danni di anziani. Le perquisizioni sono state eseguite nei giorni scorsi nelle province di Milano, Napoli e Salerno contestando, a vario titolo, il reato di associazione per delinquere finalizzata alle truffe agli anziani. Un’attività continua tanto che non sarebbe stata interrotta nemmeno per le vacanze dei truffatori.
L’indagine, effettuata congiuntamente dalla Polizia di Stato e dalla Polizia Locale di Milano, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, ha portato al sequestro di 40 cellulari e 5 tablet, presumibilmente utilizzati per commettere le truffe, la somma in contanti di 15.000 euro e numerosi gioielli.
In particolare, in merito a numerosi casi commessi a Milano e in altre località di Italia, è stata individuata una 73enne, residente in provincia di Milano, a cui sarebbe stata momentaneamente consegnata la refurtiva che la stessa, successivamente, trasportava a Napoli.
L’attività di indagine, condotta dai poliziotti della Squadra mobile della Questura di Milano e dal personale del Pool antitruffe della Sezione di polizia giudiziaria della Procura di Milano (composto da personale della Polizia di Stato e della Polizia Locale di Milano) ha permesso di accertare che “le telefonate alle anziane vittime venivano effettuate da due appartamenti situati a Napoli sempre con lo stesso modus operandi: la chiamata del ‘falso carabiniere e finto avvocato’ e la chiamata del ‘falso nipote e finto postino’. Nel periodo estivo, al fine di non interrompere la loro attività criminale, gli indagati si erano trasferiti all’interno di un bungalow sito in un villaggio turistico della provincia di Salerno, dove hanno trascorso contemporaneamente le loro vacanze”.

Secondo la ricostruzione degli investigatori della Squadra Mobile erano sostanzialmente due le modalità con cui venivano messe in atto le truffe. Nel primo caso il truffatore si presentava come un carabiniere e riferiva alla vittima che un suo familiare era rimasto coinvolto in un incidente stradale con il concreto rischio di una pena detentiva. La vittima veniva poi contattata da un finto avvocato che la convinceva a raccogliere denaro contante e oggetti di valore da consegnare come “cauzione”, ad un incaricato, per la liberazione del familiare.    Nel secondo caso il truffatore si presentava come il nipote della vittima e chiedeva la disponibilità di ritirare un pacco in consegna; poco dopo, lo stesso riferiva che erano sorti problemi con il pagamento e che i suoi genitori erano stati trattenuti presso una caserma dei Carabinieri. Per liberare quindi i familiari, la vittima veniva convinta a consegnare denaro contante o i gioielli a un incaricato.