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Napoli – Al Circolo Ufficiale della Marina Militare in Napoli è stato conferito al medico cardiologo salernitano, il missionario prof. Vincenzo Mallamaci, il prestigioso riconoscimento alla memoria di Antonio Ambroselli, Maresciallo Maggiore Aiutante della Guardia di Finanza che, insieme con sua moglie Mafalda, aiutò migliaia di giovani a scappare dai treni diretti ai campi i concentramento, ospitandone molti nella sua casa e presso i suoi familiari. Il Premio è stato conferito direttamente dal Presidente dell’Associazione, Cavaliere Sandro Ambroselli, figlio dell’Eroe. 

Antonio Amboselli

Il professore Vincenzo Mallamaci, presidente dell’Associazione Internazionale Onlus ‘E ti porto in Africa’  ringrazia commosso il Presidente Ambroselli, unitamente ai Presidenti onorari Cavaliere Marco Limoncelli e Cavaliere Angelo Schiano di Zenise per l’onore concessogli esternando sentimenti di profonda riconoscenza e gratitudine “nell’aver riconosciuto l’attività pluriennale di volontariato umanitario accanto ai deboli”.
Antonio Ambroselli, la storia – l Maresciallo Maggiore “Aiutante” Antonio Ambroselli, nato a Santi Cosma e Damiano (Latina) il 12 marzo 1915, si arruolò nel Corpo il 5 settembre 1935. Dopo aver prestato servizio presso varie Brigate territoriali, nel luglio 1941 fu mobilitato nei ranghi del 1° Battaglione, destinato ad operare in Albania. Ritornato in Patria nel novembre 1942, l’Ambroselli fu destinato alla Compagnia Comando dell’Accademia del Corpo, con sede in Roma. Dal momento che i corsi erano stati sospesi, il finanziere Ambroselli fu destinato al servizio di polizia presso il Comando Scalo Ferroviario di Roma Tiburtina (nell’ambito del “Comando Guardia di Finanza per il Servizio di Polizia della Città Aperta di Roma”, al quale furono demandati compiti strettamente istituzionali, oltre al concorso per il mantenimento dell’ordine pubblico). Ambroselli entrò così a far parte della “Banda Fiamme Gialle” – nucleo partigiano aderente al Fronte Clandestino di Resistenza – alternando le pericolosissime operazioni anti-tedesche allo svolgimento del normale servizio d’istituto. Gli atti di eroismo del quale si rese protagonista il finanziere Antonio Ambroselli, così come la giovane moglie Mafalda Cangelmi, si verificarono dall’autunno’43 alla primavera ‘44, in un contesto storico nel quale Roma si trovava nelle mani delle truppe d’occupazione tedesche.
Le province di Latina e Frosinone, attraversate dalla linea difensiva nazista “Gustav” furono oggetto di provvedimenti di sfollamento per esigenze belliche, molti civili divennero profughi ospitati in campi predisposti a Roma, tanti furono gli uomini abili al lavoro reclutati coattivamente per le esigenze militari (costruzione di difese in Italia, nei pressi del fronte) e industriali tedesche, venendo spesso deportati in Germania.
All’indomani del 18 ottobre ’43, la Stazione Tiburtina di Roma divenne luogo di partenza non solo dei carri bestiame che trasportarono ad Auschwitz gli ebrei romani ma anche di molti altri convogli carichi di militari sbandati, giovani renitenti alla leva, ebrei scampati al primo rastrellamento ma soprattutto tanti padri di famiglia sottratti alle proprie vite normali per essere duramente utilizzati come bassa mano d’opera nella lontana Germania.
Fu proprio in questo frangente che ebbe inizio l’eroica e pericolosissima opera umanitaria di Antonio Ambroselli e del comandante del posto di polizia operante nello stesso scalo, il tenente albanese Aladyn Korça, aiutati anche da Michele Bolgia, un ferroviere “guardasala” (morto poi alle Fosse Ardeatine): insieme, agevolarono la fuga di molti deportati, proprio mediante lo spiombamento dei portelloni dei carri bestiame. Il finanziere Ambroselli venne poi a sapere che presso uno dei campi per sfollati allestiti nella Capitale (il “villaggio Breda” a Torre Gaia) erano stati concentrati altri profughi e rastrellati provenienti dal suo paese natale. Egli, insieme alla moglie Mafalda, riuscì a far diventare dipendenti della Croce Rossa molti di loro, altri ancora vennero fatti fuggire dal Campo e ospitati da parenti e amici a Roma o addirittura nella loro stessa casa, in attesa di una sistemazione migliore.
Nella primavera del 1944 Ambroselli fu anche arrestato dai tedeschi ma riuscì a farsi scagionare, potendo così riprendere la propria opera umanitaria.
Ammesso alla Scuola Sottufficiali nel marzo del 1947, fu promosso Sottobrigadiere il 16 ottobre dello stesso anno. Dopo aver prestato servizio presso importanti reparti della Guardia di Finanza, trascorse gli ultimi anni di servizio presso il S.I.D. (Servizio Informazioni Difesa). All’atto della morte, avvenuta a Roma il 1° aprile 1975, ricopriva il grado di Maresciallo Maggiore Aiutante.
Nell’ultima riunione del Consiglio, tenutasi il 6 dicembre 2011, su proposta del Museo Storico del Corpo è stata concessa alla memoria del M.M.A. Antonio Ambroselli la Medaglia d’Oro della “Fondazione Carnegie” con la seguente motivazione:

“Finanziere, in servizio presso la Stazione di Roma Tiburtina, durante l’occupazione tedesca della Capitale, membro attivo della banda partigiana “Fiamme Gialle”, contribuiva con l’apertura clandestina dei vagoni piombati e sfidando la fucilazione, alla fuga e al salvataggio di numerosi deportati destinati ai campi di concentramento nazisti. Parimenti, con gravissimo rischio per la propria incolumità, salvava altre centinaia di deportati, consentendo la loro fuga dal campo d’internamento istituito negli stabilimenti della Breda a Torre Gaia. (Roma, settembre 1943 – aprile 1944)”

Con D.P.R. in data 27 gennaio 2012, alla memoria del maresciallo Ambroselli è stata conferita anche la Medaglia di Bronzo al Merito Civile, con la seguente motivazione:

“Durante il periodo di occupazione nazifascista si adoperò, pur consapevole dei rischi che correva, a favore di numerosi prigionieri civili e militari favorendone la fuga dallo scalo ferroviario di Roma Tiburtina e dal “Campo Breda”. Chiaro esempio di umana solidarietà ed elette virtù civiche. 1943/1945 – Roma”.

 Fonte: Museo Storico della Guardia di Finanza – Ricerche storiche e biografia realizzate dal Maggiore Gerardo Severino