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La forza e la grinta di Anna Adamo è tutta nel suo sguardo. Ventiduenne di Scafati, disabile dalla nascita, è iscritta a giurisprudenza ed ha deciso di raccontare la sua vita tutta in salita. Un parto gemellare insieme al fratello maschio, deceduto poco dopo e poi la notizia che una madre mai vorrebbe ricevere nel momento più bello della vita: tetra paresi spastica. Una esistenza non semplice che Anna, però, affronta con tutta la forza di vita che possiede. Da qui l’idea di mettere insieme i pensieri e scrivere un libro che sia da monito di speranza per quanti vivono la sua stessa condizione. Si chiama “La disabilità non è un limite”, edito da Europa Edizioni.

Si racconta senza peli sulla lingua Anna Adamo, riconoscendo nella madre e nel padre l’appoggio fondamentale per continuare a realizzare il suo sogno: diventare avvocato.
“L’ho fatto – spiega – perché voglio farlo capire a tutti. A quanti ancora pensano che la disabilità sia un ostacolo per realizzarsi. A coloro che hanno paura del diverso. Mi sono messa a nudo. Ho riannodato i fili della memoria raccontando la storia di una bambina cresciuta troppo in fretta. Una bambina oggi donna, che s’è presa un futuro che pareva irraggiungibile. Con grinta, da sola, con l’appoggio di papà Alfonso e mamma Imma”.

Una vita in salita, non priva di difficoltà. Una analisi profonda della condizione della disabilità vissuta oggi, soprattutto nell’articolato aspetto che coinvolge il rapporto con se stesso e con la società, troppo spesso incline ai facili giudizi: “Non è facile convivere con una disabilità. Non lo è per nulla, sia per la persona che ne è portatrice, sia per coloro che vi sono intorno. Non lo è quando ci si guarda allo specchio, lo stesso specchio che non fa altro che mettere in risalto le gambe storte, i piedi troppo piccoli, mal definiti e tanto incapaci di eseguire un passo degno di questo nome, di indossare ciò che per una donna è sinonimo di femminilità indiscussa, ovvero un bel paio di scarpe con il tacco. Non è facile convivere con una disabilità quando si passeggia per strada, perché bisogna fare i conti con gli sguardi dei passanti carichi di pietà, di paura di avvicinarsi a quella disabilità, quasi come fosse una bestia feroce capace di divorare tutta d’un fiato chiunque le si avvicini”.