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Atena Lucana (Sa) – Fondi agricoli e pozzi di captazione dell’acqua ad uso domestico e agricolo contaminati dagli idrocarburi. È quanto emerge da una relazione dell’Ispra sul danno da inquinamento ambientale che interessa pozzi e terreni siti in località Macchia, nel comune di Atena Lucana, oggetto di sversamenti illeciti da parte delle organizzazioni criminali, e che ha spinto il sindaco del comune valdianese, Luigi Vertucci, ad emanare l’ordinanza n.26/2022 con la quale ha vietato qualsiasi uso dei fondi agricoli e dei pozzi inseriti nelle aree interessate dall’inquinamento ambientale.
Sversamenti illeciti scoperti il 12 aprile 2021 quando il territorio valdianese finì al centro della maxi inchiesta della Procura antimafia di Potenza e denominata “Shamar” che portò all’arresto di sette persone, tutte residenti nel Vallo di Diano, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico e allo sversamento illecito dei rifiuti chimici liquidi quali “idrocarburi leggeri con pericolosità HP14-ecotossico” e di fanghi tossici nei terreni situati tra i comuni di Polla, Sant’Arsenio, Atena Lucana e la Basilicata.
E mentre per quella vicenda giudiziaria, tutte e sette le persone arrestate stanno affrontando un processo presso il tribunale di Lagonegro, sui terreni e nei pozzi interessati dagli sversamenti illeciti, a maggio dello scorso anno, l’Arpac su richiesta della Procura effettuò dei carotaggi e dei prelievi che hanno evidenziato, così come riprende anche l’ordinanza del Comune di Atena Lucana e riportato nella relazione del Ministero della Transizione Ecologica inviata alla Provincia nel febbraio 2022 e redatta Ispra, la presenza delle sostanze inquinanti nel sottosuolo.
Nell’analisi dei terreni, Arpac ha infatti riscontrato il superamento dei valori delle concentrazioni soglia di contaminazione, sia nel terreno, sia nelle acque sotterranee, per avvenuto sversamento di rifiuto liquido costituito da idrocarburi leggeri.
Relazione che ha visto la Provincia, con nota datata 7 luglio, diffidare i responsabili dello sversamento illecito avvenuto nei terreni di località Macchia ad attivare le procedure di bonifica, oltre che al Comune per emanare così come da ordinanza sindacale, un provvedimento atto ad inibire l’uso dei terreni agricoli e di eventuali pozzi dell’area interessata dagli sversamenti illeciti dei rifiuti chimici.
Una ferita aperta quella dello sversamento illecito dei rifiuti chimici nei terreni del Vallo di Diano scoperta dai carabinieri nel 2019, a seguito un’intercettazione telefonica dell’imprenditore di Sant’Arsenio, Luigi Cardiello, residente ad Ispani e soprannominato il “Re Mida” dei rifiuti poiché coinvolto in maxi inchieste per inquinamento ambientale quali “Cassiopea” e “Chernobyl”. Fu proprio una telefonata intercorsa tra Cardiello e un ex agente della polizia penitenziaria e autotrasportatore di Atena Lucana, a svelare agli inquirenti la presenza di un traffico di sversamento illecito di rifiuti chimici nei terreni e nelle falde acquifere del Vallo di Diano e in Basilicata. Telefonata nella quale Cardiello chiese ed ottenne dall’ex agente della penitenziaria, in una sola occasione, la disponibilità di un camion per effettuare il trasporto di sei, delle 32 autobotti, contenenti sostanze liquide chimiche, che all’autotrasportatore fu spiegato essere del concime liquido fertilizzante, ma che in realtà erano dei rifiuti liquidi provenienti dalle lavorazioni dell’azienda di ferro e alluminio “PRA.CAL” di Polla e dell’azienda di lavorazione di cemento “BETONVAL” di Sant’Arsenio.
Rifiuti liquidi chimici di lavorazione che gli imprenditori smaltivano illecitamente nei terreni e nei corsi d’acqua del Vallo di Diano al fine di ottenere notevoli risparmi sui costi aziendali di smaltimento legale dei rifiuti prodotti.
L’intercettazione portò così i militari a sequestrare nell’ottobre dello scorso anno, 18mila litri di solventi chimici pronti ad essere smaltiti ad Atena Lucana e ad arrestare nell’aprile 2021, il 78enne Luigi Cardiello di Sant’Arsenio, il 31enne Gianluigi Cardiello, il 59enne Giovanni Cardiello di San Pietro al Tanagro, il 58enne Pasquale Quagliano di Sassano, il 64enne Francesco Pinto di Padula, il 39enne Raffaele Pinto di Sant’Arsenio e il 28enne Simone Nisi di Sala Consilina.
A denunciare alla Procura il “modus operandi” con il quale agiva l’organizzazione criminale che avvelenava i terreni agricoli e i corsi d’acqua tra il Vallo di Diano e la Basilicata, fu proprio l’autotrasportatore di Atena Lucana che agli inquirenti rese una testimonianza autoaccusatoria, raccontando dettagliatamente ciò che avveniva e indicando tra gli altri, anche un terreno di sua proprietà sito in a pochi metri dalla sua abitazione, in località Macchia di Atena Lucana, dove spiegò di aver sversato ben 6 autobotti di solventi chimici credendo si trattasse di acqua fertilizzante, salvo poi scoprire al mattino seguente che si trattava di sostanze chimiche tossiche che avevano attuato una forte azione corrosiva sul suo camion con il quale aveva effettuato proprio il trasporto delle cisterne.
Una testimonianza chiave quella dell’autotrasportatore, che al tempo stesso fu vittima della stessa organizzazione criminale che lo aveva ingaggiato per il trasporto delle autobotti piene zeppe di rifiuti chimici tossici da sversare illecitamente. Testimonianza autoaccusatoria che vide l’autotrasportatore rivelare agli inquirenti anche di una presunta fuga di notizie riferitagli da un suo amico tramite una soffiata che sarebbe stata effettuata da un presunto carabiniere, circa le indagini degli inquirenti e di cui gli indagati ne sarebbero venuti a conoscenza prima del blitz dei militari. Su quest’ultimo aspetto però, dagli atti notificati fino ad ora ai sette indagati non emerge nulla ma non è escluso che possa esserci un’altra indagine parallela da parte della Procura lucana.