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Dieci malati di tubercolosi ricoverati negli ultimi tre mesi all’ospedale specialistico “Da Procida’ di Salerno, in media circa uno ogni 10 giorni. Tutti stranieri. Scatta l’allarme nella struttura di cui è direttore sanitario il dottore Silvestri che mette a disposizione, però, appena 20 posti letto sia per la cura della Tbc che della bronchite cronica che del tumore al polmone e alla mammella. Struttura di riferimento interprovinciale, esaudisce richieste di ricovero provenienti anche dalla Basilicata e dal napoletano. Il piano regionale di riorganizzazione sanitaria ha fissato il limite dei posti-letto ad 8, estendibili a 12. È qui che è stato portato dai carabinieri il rumeno di San Potito Ultra, in provincia di Avellino precedentemente fuggito dal nosocomio irpino ‘Moscati’ ed ‘untore’ sia del figlio di tre anni che di un dodicenne del posto con il quale è venuto a contatto in maniera fortuita. Inizialmente restio al ricovero, ha poi però accettato di buon grado di sottoporsi al ciclo di cure, rinviando il previsto viaggio in Romania. Le sue condizioni stanno gradualmente migliorando.

Il picco di ricoveri per tubercolosi è da mettere in correlazione con l’imponente fase degli sbarchi di migranti al porto di Salerno: non perché gli africani siano portatori di tubercolosi (non è una malattia endemica in quelle popolazioni) ma perché sono soggetti mediamente deboli e quindi ad alto rischio contagio, proprio come gli anziani ed i bambini italiani. Il ceppo, resistente, è invece largamente presente proprio nella comunità rumena ed in quelle dell’est Europa: l’evenienza pone ad un rischio ancora maggiore proprio bambini ed anziani, persone che un alto numero di famiglie italiane affidano proprio a tate e badanti dell’est.

La tubercolosi polmonare, che è la forma più diffusa, si trasmette attraverso goccioline di saliva (colpi di tosse, contatti fortuiti, bicchieri, fontanini). Altre forme colpiscono le ossa e la vescica.