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Le reiterate minacce dal carcere di Novara, aggravate dal metodo mafioso, contro il dottor Montemurro, magistrato della Dda di Salerno, ad opera del boss della Piana del Sele, Pasquale Renna, come emerge dal processo in corso, sono la più clamorosa testimonianza che i capo clan dal carcere continuano a sfidare lo Stato e a tenere le fila dei traffici, dando ordini anche comodamente via telefono agli uomini sui territori”.

Ad affermarlo è il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria – S.PP. – Aldo Di Giacomo per il quale “l’aspetto più inquietante della vicenda balzata sulla cronaca dei giornali è che il Ministro Cartabia ha ritenuto necessario firmare contro di lui il rinnovo del 41 bis (carcere duro)“. Nel provvedimento che risale a gennaio scorso il ministro scrive: “in ragione della particolare posizione di responsabilità rivestita dal detenuto nell’ambito della organizzazione di appartenenza e del credito dallo stesso posseduto, può fondatamente considerarsi tuttora sussistente il legame con la medesima, ed il ruolo rivestito all’interno di questa”.

Si tratta di un clan già egemone nella Piana del Sele, in particolare nei comuni di Pontecagnano, Battipaglia e Bellizzi e considerato dai magistrati antimafia sempre più pericoloso nel territorio del Salernitano e che agisce in collaborazione con clan del Napoletano. Per il ministro della Giustizia “la predetta associazione è tuttora operante sul territorio e dedita alla commissione di gravi delitti che pregiudicano l’ordine e la sicurezza pubblica”. Nel decreto del Ministro Marta Cartabia viene evidenziato, che la documentazione raccolta prova “che non è venuta meno la capacità di Pasquale Renna, di mantenere contati con esponenti tuttora liberi dell’organizzazione criminale di appartenenza, anche in ragione della sua particolare concreta pericolosità”.

Dunque“, commenta Di Giacomo, “si è perfettamente a conoscenza del comportamento del boss sino alle minacce dal carcere. In questo scenario il dibattito che si sta sviluppando da giorni sull’abolizione dell’ ergastolo ostativo o comunque di un’attenuazione del carcere a vita diventa del tutto inutile perché ci sono boss e uomini di spicco della criminalità organizzata che dalle celle continuano a comandare. Pare evidente che c’è il sentore dell’ulteriore debolezza dello Stato e che si può approfittare da una parte del clima buonista nei confronti dei detenuti e dall’altra della campagna contro gli agenti violenti e picchiatori. Non si sottovaluti“, afferma il segretario del Sindacato Penitenziari, “che le mafie approfittando di questa fase di crisi internazionale stanno incrementando la propria attività fuori e dentro le carceri“.

“Noi”, conclude Di Giacomo, “siamo stanchi di continuare a “gridare a lupo” e a mettere in guardia: è il momento di reagire”.