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Giffoni Valle Piana (Sa) – Parla di amore, dei social, del disagio giovanile, dell’importanza della riscoperta dei sentimenti: un Paolo Ruffini senza filtri che si racconta tramite i suoi ultimi lavori in bilico tra commedie e film drammatici.
Questo pomeriggio è stato presentato in anteprima al Giffoni Film festival Ragazzaccio, il nuovo film di Ruffini. Una produzione Vera Film, in collaborazione con Minerva Pictures, oltre che con lo stesso Ruffini insieme a Nicola Nocella, Simone Valenza, Santo Versace e Gianluca Curti. A presentare il film ai juror: Massimo Ghini, Sabrina Impacciatore, Alessandro Bisegna, Jenny De Nucci, insieme allo stesso Ruffini.
Questo film – racconta Ruffini – non è una commedia, ma è un film drammatico. E’ un romanzo di formazione di un ragazzo che vive in una famiglia con genitori distratti, di provincia.
Questo sedicenne è sfigato perché si innamora nel momento meno opportuno per innamorarsi, ovvero durante il lockdown, quando i telegiornali dicono che potrebbe prendere una malattia che a lui non fa nulla ma potrebbe attaccarla ai suoi genitori o i suoi nonni e potrebbero morire. Cosa potrebbe fare questo ragazzo in questo momento storico? Il film è la risposta a questa domanda.
Non pensavo che il mio film fosse una delle poche pellicole che parlasse di Covid, visto che in Italia c’era una proliferazione straordinaria di film. Questa cosa mi ha stupito molto. Mi fa piacere pensare che attraverso gli occhi di Mattia si possa dire qualcosa di interessante perché sono gli occhi di un ragazzo romantico e giovane. Lui alla fine dice: “La cosa più contagiosa al mondo non è un virus ma l’amore””.
Mattia “è un adolescente, insofferente alle regole. È uno di quelli che vengono regolarmente sbattuti fuori dalla classe. È arrabbiato con i suoi genitori e forse col mondo intero. Mattia è quello che comunemente si direbbe un “bullo”. Frequenta il liceo classico e nella sua mente l’incubo della bocciatura è più pesante dell’incubo del Covid-19. Nel silenzio ansiogeno della quarantena, Mattia trascorre le giornate chiuso nella sua stanza, tra una video lezione e uno scherzo di pessimo gusto con i suoi compagni in Dad. In questa situazione, però, scopre l’amore attraverso smartphone, social network e video chat. Non solo l’amore che gli insegna Lucia, l’idealista e ribelle rappresentante d’istituto del liceo accanto, ma anche l’amore per se stessi e per la bellezza della vita, quello che cerca di raccontare il suo professore di Letteratura nelle classi virtuali. Infine, l’amore per i suoi genitori”.
Il regista e attore ricorda anche uno dei suoi ultimi lavori, PerdutaMente: “Non è il film più bello che ho fatto, ma quello più bello che ho visto, perché l’ho vissuto da testimone. E’ un pezzo del mio cuore. Il film finisce con l’intervista a mio padre che ha fatto due anni fa. Mio padre mi diceva sempre: ‘Quando esce il film con la mia intervista?’ e poi è morto dopo una settimana. E’ un film al quale sono legato intensamente”.
Tra i suoi progetti futuri: “Uomini da marciapiede dove ho fatto l’attore e sceneggiatore e poi ho fatto anche una commedia romantica che si chiama Rido perché ti amo, in cui sono attore, regista e sceneggiatore ed è stata presentata al Festival di Benevento. E’ una commedia romantica che non avevo mai fatto.
L’amore è una parola poco virale”.
Io sono sempre venuto a Giffoni a presentare film comici.
Dicevo sempre al pubblico e ai giornalisti che bisogna staccare la spina. Oggi credo che sia necessario attaccare la spina. C’è una piattezza culturale che mi spaventa. Io sono sempre stato un trasgressivo, quando io vedevo tante cose serie mi veniva voglia di fare sciocchezze, oggi io vedo solo sciocchezze. Mi viene voglia di dire una cosa, di esprimere un concetto. Siamo in un momento storico – ha aggiunto – in cui i ragazzi sono allo sbando”.