Salerno – “La volontà e la speranza di ripartire sono tante, nonostante le difficoltà legate al temuto protrarsi del covid19 e alle misure sanitarie previste che rendono difficile la gestione dell’ ospitalità e in particolare dei livelli di accoglienza propri della nostra tradizione. Ma dobbiamo farcela e impegnarci coralmente per la ripartenza. Tra le varie iniziative, oltre a quelle mirate ad incentivare nella prima fase la domanda del turismo italiano, da rimarcare un progetto serio di destagionalizzazione in sinergia coi Comuni della Costa d’Amalfi e le proposte culturali del territorio. L’iniziativa, ben curata e condotta, potrebbe compensare almeno in parte il tracollo di questi mesi, allungando la stagione turistica e rilanciando la nostra offerta sul mercato internazionale. In questo momento di crisi la cultura e lo spirito di ospitalità che hanno reso famosa la Costiera devono spronarci alla ripresa nel segno della professionalità e qualità che sono proprie delle nostre aziende“. Lo ha affermato Luigi Schiavo, Presidente del Gruppo Alberghi, Turismo e Tempo Libero di Confindustria Salerno. C’è anche il fattore responsabilità.
“Aprire o non aprire? E’ il dilemma più problematico in questo momento, la cui soluzione avrà un effetto determinante sul destino delle nostre attività. Quella che fino a poco tempo fa poteva essere una decisione rimessa al singolo imprenditore è stata completamente ridefinita. E in questo, il tempo risulta antitetico: più passa, più le condizioni diventano fumose impedendo una visione nitida. Prima di considerare una possibile risposta, occorre valutare almeno tre variabili: ambito di applicazione, responsabilità e risvolto economico.
Non è auspicabile una scelta univoca che coinvolga tutta la Costiera (ma questo discorso vale per qualsiasi ambito geografico). È una decisione che dovrà essere pensata – ha dichiarato Vito Cinque, proprietario dell’Hotel 5 stelle San Pietro di Positano – e valutata per ogni singola attività, perché ciò che può andare bene per una, può non andarlo per un’altra. In Costiera ogni albergo si è costruito negli anni una sua politica commerciale e oggi, in base ad essa, per alcune strutture si può profilare un’apertura a breve, per altre una condizione di attesa. Stando alle previsioni, chi ha edificato la sua produttività sul bacino italiano avrà più possibilità di ripresa immediata rispetto a chi, invece, lo ha fatto guardando a mercati esteri e che ora dovrà attendere gli sviluppi nazionali ma anche degli altri paesi.
C’è poi il fattore responsabilità, alquanto elevato. I DPCM che continuano a susseguirsi delineano una serie di implicazioni che l’imprenditore ha nei confronti di tutti gli attori che si muovono nel suo esercizio. Quindi ospiti, personale fisso e quello dell’indotto.
Arrivando anche al paradossale: un cittadino è responsabile delle sue disposizioni di sicurezza in famiglia o nei luoghi pubblici ma non quando si trova in azienda, dove per lui è responsabile il datore di lavoro, che potrebbe addirittura essere accusato di procurata pandemia. Chi ha redatto il decreto “Cura Italia” ha omesso di aggiungere dopo l’art. 42 che introduce l’infortunio sul lavoro, un articolo 42bis che preveda che il contagio possa sopraggiungere ovunque, e quindi non necessariamente legato all’attività in azienda.
Al San Pietro abbiamo dovuto affidarci ad un gruppo di esperti che valuta l’incastro fra tutte le disposizioni che man mano si addizionano. Nonostante il forte senso di responsabilità nei confronti dei nostri dipendenti che sono in un momento di estenuante attesa, siamo messi nella posizione di non potere ottemperare a tutti i vincoli imposti e perciò ci vediamo costretti, nostro malgrado, a prolungare il rinvio.
Infine c’è la variabile economica, la più ostica nella valutazione.
Se la decisione di aprire risultasse errata, essa potrebbe compromettere definitivamente la sussistenza di un’azienda. In questi giorni molti operatori preferiscono rimanere chiusi perché -alle condizioni imposte dal governo e con un’operatività nettamente inferiore alle potenzialità- è più dannoso aprire. Si parla di stanziare fondi, ma questi fondi potrebbero arrivare troppo tardi, quando l’attività sia già irrimediabilmente danneggiata. La variabile economica va vista nell’ottica dell’intero territorio. L’emergenza ha mostrato che in un paese carente di infrastrutture le persone possono fare la differenza. La sanità al nord ha retto non tanto per le infrastrutture quanto per la dedizione degli operatori sanitari. In pratica quello che avviene quotidianamente in Costiera, dove l’ospitalità è prevalentemente costituita non dalle strutture quanto dal capitale umano. Anche se rispetto ad altre destinazioni abbiamo meno infrastrutture, il calore delle persone, le competenze e il senso dell’ospitalità hanno permesso di eccellere. La Costiera Amalfitana è oggi un brand di fama mondiale e come tale va preservato: scelte azzardate potrebbero comportare ripercussioni a breve e lungo termine e compromettere in modo inequivocabile la fiducia guadagnata nel tempo”.