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C’è poco da fare, la cultura sportiva in Italia fa sempre una grossa difficoltà a imporsi. E passi quando si parla dei grandi, alla fine, sbagliando, il callo lo hanno fatto tutti, ma quando questo accade in categorie dove dovrebbe contare l’aspetto sportivo, non nel senso del risultato ma in quello di crescita, con una finalità sociale, allora non c‘è altro da fare che rendersi conti di quanto il ritardo sia forte e di quali siano le mani in cui finiscono questi giovani. Per carità, tutti sperano di poter diventare qualcuno nel mondo del calcio, genitori in primis e bambini poi. Ed è un sogno che hanno anche tanti addetti ai lavori, poter dire che un campione è nato nella propria società fa piacere, ma esiste un limite oltre il quale non si dovrebbe mai andare ed è il limite alla decenza.
Vantarsi per aver vinto un test match, un’amichevole, lascia il tempo che trova se a farlo è il tifoso incallito, colui il quale vivrebbe come una finalissima anche la sfida a calciobalilla, ma che lo faccia un allenatore, allora è la dimostrazione che siamo alla frutta. La storia è della sfida tra le Under 15 di Paganese e Cavese, giocata sul campo dei metelliani e vinta per 4 a 0 dagli azzurrostellati. Fin qui nulla di scandaloso, nel calcio si vince e si perde, in queste categorie poi lascia realmente il tempo che trova. In un’amichevole, infine, non ha alcun senso neanche parlare di risultato. Non per l’allenatore della Paganese che ha utilizzato facebook per esprimere la sua gioia con un “i derby si vincono, non si giocano”. Alquanto triste e assolutamente evitabile, specie da chi, rappresentante di una società professionistica, dovrebbero arrivare insegnamenti di disciplina sportiva e rispetto per l’avversario. Le basi spazzate via in un post che, per carità, sarà stato fatto anche con leggerezza e senza cognizione di causa, ma ha scatenato un putiferio tra commenti, botte e risposte. Un qualcosa che il tecnico della Paganese avrebbe dovuto mettere in conto, proprio per il ruolo che ricopre.
Eh sì perché, proprio quando diventa protagonista in negativo un addetto ai lavori, allora c’è proprio da riflettere sulla direzione che il calcio sta prendendo. Sarebbe ingeneroso fare di tutta un’erba un fascio e per fortuna tanti sono i messaggi di persone che hanno preso le distanze da questo post e sono ancora di più i professionisti che fanno del rispetto e della sportività il mantra per il loro lavoro di educatori, prima, e allenatori, poi. L’essersi fatto trascinare dal campanilismo, in un match, ripetiamo, inutile in tutto e per tutto, è la fotografia di cosa non deve essere il calcio giovanile, da sempre radicato sul fair play, la sportività e l’educazione. Vale per tutti, specie per chi si trova tra i cosiddetti “professionisti”. E allora viene in mente la frase che appare in circostanze più o meno continue: un calcio che va rifondato. Tutto giustissimo ma prima di rifondarlo dal basso, a questo punto, andrebbe ripulito da tutte quelle persone che non aiutano di certo a creare basi solide per la crescita dei giovani atleti.