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Salerno – L’audizione del Prefetto della provincia di Salerno Francesco Russo in Commissione Antimafia sul tema del traffico di stupefacenti al porto è, per il senatore di Fratelli d’Italia Antonio Iannone, null’altro che la conferma sia di quanto il parlamentare aveva certificato attraverso una interrogazione che “dell’immobilismo del ministro Lamorgese”.

Iannone, in qualità di capogruppo FdI in Commissione Antimafia, afferma: “Quanto riferito dal Prefetto di Salerno in audizione ieri alla Commissione Antimafia nella sua gravità non dovrebbe essere una novità per il governo visto che giace senza risposta una mia interrogazione datata addirittura 28 gennaio 2019 in cui, avanzando le mie preoccupazioni, chiedevo al Ministero dell’Interno quali azioni specifiche intendesse realizzare per il contrasto alla criminalità organizzata che, utilizzando lo scalo, trafficava in stupefacenti ed in particolare in cocaina. Dopo 20 mesi la mia interrogazione non ha trovato alcun riscontro dal governo, eppure nel mese di luglio 2020 c’è stata un’operazione antiterrorismo che ha portato ad un gigantesco sequestro di stupefacenti. Il porto di Salerno è una emergenza che il governo non può più far finta di non vedere, lo si deve a tutti quegli operatori economici onesti e di qualità che ne hanno fatto una grande realtà e che non possono vedersi aggrediti ed inzozzati dalla criminalità organizzata che arremba soprattutto in questo momento di crisi”.

L’atto a cui Iannone fa riferimento è il numero 4-01153, pubblicato il 28 gennaio 2019, nella seduta n. 84. Nel documento si legge: “Premesso che, a quanto risulta all’interrogante: dopo i tanti record positivi legati soprattutto alla movimentazione delle merci, da pochi giorni il porto di Salerno può fregiarsi di un nuovo primato, questa volta decisamente meno lusinghiero: quello di essere diventato il secondo scalo marittimo in Italia per sequestri di carichi di cocaina; lo ha certificato il Ministero dell’interno nella relazione trasmessa al Parlamento ‘sull’attività delle forze di polizia, sullo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata’; nel 2017 sono stati sequestrati in Italia stupefacenti per 114.588,60 chilogrammi, di cui 33.126,97 (28,91 per cento) presso le aree di frontiera; nello stesso anno sono stati sequestrati 4.104,07 chili di cocaina (con un calo del 12,8 per cento rispetto ai 4.710,75 chili del 2016); i sequestri frontalieri sono stati pari a 2.607 chili (7,14 per cento in più rispetto ai 2.433,76 chili del 2016); le maggiori quantità di cocaina sono state sequestrate proprio in ambito frontaliero marittimo; continua ad aumentare il volume di traffico di questa sostanza sulle rotte marittime, sottolinea il Ministero, talvolta privilegiandone l’introduzione direttamente sul territorio nazionale, più che mediante il transito dalla Spagna o dal nord Europa, consuete aree di ingresso, transito e stoccaggio della cocaina destinata al mercato europeo; la cocaina arriva in Italia soprattutto attraverso i porti del versante occidentale, proveniente sia direttamente dalle zone di produzione del sud America, che transitante dai Paesi dell’Africa occidentale; in questo contesto il porto di Gioia Tauro si conferma come la principale area di ingresso di tale stupefacente: nel 2017 presso questa aerea portuale sono stati sequestrati 1.912,22 chilogrammi di cocaina (80,98 per cento del totale dei sequestri in questo ambito frontaliero); subito dopo lo scalo di Gioia Tauro c’è Salerno (110 chili sequestrati nel 2017), e poi Genova (94,25 chili); i carichi di cocaina arrivano lo più da Brasile (931,58 chili), Cile (386,47), Usa (307,96), Ecuador (178,61) e Costarica (148,67 chili); registi del traffico sono soprattutto esponenti della ‘ndrangheta (in particolare le famiglie della piana di Gioia Tauro) o loro diretti affiliati che, da Salerno, controllano l’intera filiera illegale, assicurando il buon esito dell’operazione; non ci sono solo ‘ndranghetisti: anche la mafia in passato ha usato lo scalo di Salerno per l’arrivo di partite di cocaina; nel marzo del 2017, nell’ambito del blitz “Narcos”, fu eseguito un decreto di fermo emesso dalla Procura della Repubblica di Catania a carico di tre soggetti, due dei quali contigui ad una nota famiglia palermitana: in una nave cargo proveniente dall’Ecuador erano stati stipati 110 chili di cocaina; la cocaina proveniente dai principali Paesi produttori (Colombia, Perù e Bolivia) arriva sul mercato italiano attraverso consolidate direttrici marittime e aeree, in particolare attraverso l’oceano Atlantico, principalmente a bordo di navi mercantili porta container o di imbarcazioni da diporto, giunge in Italia direttamente o dopo aver fatto scalo in porti intermedi in Africa occidentale e in Europa (Olanda, Belgio, Spagna); queste rotte sono anche percorse da imbarcazioni oceaniche private, utilizzando equipaggi ad hoc o skipper esperti; il traffico con l’utilizzo di container prevede tre principali modalità: inserimento della sostanza all’interno di carichi legali di copertura (soprattutto prodotti ortofrutticoli, scatolame), che impone all’organizzazione trafficante di accedere alle operazioni di carico e scarico di tali merci; occultamento della cocaina nella struttura metallica del container o sotto il pavimento dello stesso, che richiede all’organizzazione fornitrice la disponibilità di strutture appositamente modificate o predisposte; molti carichi di cocaina finiscono poi nel porto di Salerno attraverso il servizio di feederaggio, si chiede di sapere quali azioni il Ministro in indirizzo intenda realizzare nel contrasto alla criminalità che organizza i traffici di stupefacenti, con particolare riguardo a quelli che vedono come meta il porto di Salerno”.