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Atena Lucana – “Mi disse che ero pazzo a parlare per telefono di certe cose perché c’erano i telefonini sotto intercettazione e i carabinieri registravano tutto”.

È quanto raccontato agli inquirenti in Procura, a Potenza, durante una testimonianza autoaccusatoria, dall’ex agente della polizia penitenziaria e autotrasportatore dei rifiuti tossici sversati nei terreni del Vallo di Diano.

Racconto che è finito nei fascicoli della Procura potentina a seguito dell’indagine della Dda sullo sversamento dei rifiuti tossici nei terreni tra il Vallo di Diano e la Basilicata, sul traffico illecito gestito dai casalesi e facente capo a Raffaele Diana, che ha portato i carabinieri della compagnia di Sala Consilina ad arrestare sette persone con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti e inquinamento ambientale.

Alla Procura, accompagnato dal suo avvocato di fiducia, l’autotrasportatore, residente ad Atena Lucana, che nel 2019 effettuò il trasporto di sei autobotti di rifiuti liquidi tossici, sversandoli nel terreno di proprietà, adiacente la sua abitazione, credendo che fosse fertilizzante, salvo scoprire al mattino seguente che si trattava di sostanze chimiche tossiche, ha svelato il meccanismo secondo cui l’organizzazione criminale di imprenditori, gestiva il traffico illecito dei rifiuti e ne provvedeva allo smaltimento nei terreni tra Atena Lucana, San Rufo e Polla, e dei fanghi tossici in Basilicata.

Testimonianza che si è resa fondamentale ai fini investigativi e confermata dal materiale raccolto durante le indagini dagli inquirenti tra cui pedinamenti, rilievi fotografici e intercettazioni telefoniche. Tra i dettagli rivelati dall’uomo però, anche una presunta fuga di notizie, riferitagli da un suo amico tramite una soffiata fatta da un presunto carabiniere, circa le indagini in corso svolte dai carabinieri e di cui gli indagati ne sarebbero venuti a conoscenza.

A mettere in guardia l’autotrasportatore, riferendogli di fare attenzione alle parole utilizzate durante le conversazioni telefoniche dell’uomo sui viaggi di trasporto dei rifiuti e l’attenzione degli inquirenti sulla questione, un imprenditore, titolare di una cava in Basilicata che secondo quanto raccontato dall’ex guardia penitenziaria- “Non mi disse specificatamente quale telefono era sotto controllo, ma mi disse che c’era un’indagine in corso. Mi disse altresì che la notizia l’aveva avuta da un suo caro amico carabiniere…. Mi disse anche che quanto prima i carabinieri sarebbero venuti anche da me. In effetti il giorno successivo arrivarono i carabinieri”.

Una presunta “soffiata” sulle indagini in corso sul traffico illecito di rifiuti quella riferita, sulla base di una confidenza fatta da un amico all’autotrasportatore e che l’uomo ha spiegato agli inquirenti che però, per ora, nella richiesta di ordinanza di custodia cautelare dei sette arrestati, non trova alcun seguito.