Non è solo una squadra a scendere di categoria. La retrocessione della Salernitana in serie C è il simbolo di un’intera città che, dopo anni di narrazione gonfiata, si risveglia improvvisamente fragile e senza una direzione chiara. Non si tratta soltanto di calcio, ma della fine di una stagione politica, economica e culturale alimentata da illusioni e promesse.
«La Salernitana torna in serie c dopo 10 anni, ma più che un risultato sportivo, questo è lo specchio di un fallimento più ampio – dichiara Mario Polichetti, responsabile del Dipartimento nazionale Sanità dell’Udc -. Si chiude un ciclo fatto di narrazioni e grandi proclami, spesso lontani dalla realtà dei cittadini».
Per Polichetti, la parabola discendente della squadra è la metafora perfetta di una città che ha vissuto oltre le proprie possibilità, sostenuta da risorse regionali e da un racconto politico sempre più scollegato dai bisogni concreti.
«Salerno non è diventata la città europea che per anni ci hanno raccontato. Non lo è nei trasporti, non nella sanità, non nel sociale, non nel lavoro. La squadra che retrocede è solo la punta dell’iceberg di un tessuto sociale ed economico che si sta sfilacciando – sottolinea -. Se fossi un cittadino salernitano, mi interrogherei sul futuro di questa comunità e su chi l’ha guidata fin qui».
Un passaggio è riservato anche alla sanità, comparto in cui Polichetti è impegnato direttamente, e che rappresenta un altro nodo critico del territorio.
«Oggi la sanità salernitana è nel caos, con dirigenti a termine o in pensione, inchieste in corso e un sistema che rischia di crollare su se stesso. Questo è il risultato di anni di gestione autoreferenziale, incapace di programmare. Salerno sta pagando tutto questo sulla propria pelle. Basti pensare a come è stato gestito il Ruggi, la più autorevole azienda sanitaria della Provincia».
Polichetti conclude con un invito alla responsabilità e al rinnovamento:
«È il momento di smettere con gli slogan e tornare alla realtà. Servono competenze vere, ascolto dei cittadini e un progetto credibile per il futuro. La retrocessione deve essere un punto di ripartenza, non il preludio alla resa».