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Salerno A rileggerla, nell’analisi simil-sociologica dello scrittore partenopeo Maurizio De Giovanni si scorgono i motivi per i quali i salernitani non si sentono napoletani. Nella vita e, quindi, anche nel calcio.  

Ospitato dal Corriere del Mezzogiorno, l’editoriale del letterato è infarcito di concetti di una (evidentemente) sentita ed intima superiorità napoletana. A volte latente, altre volte esplicita, essa non di rado coinvolge non solo i popoli ‘altri’ che da millenni abitano le aree geografiche prossime ma tutto quanto è a sud della Capitale (Roma è eterna quindi, al momento, irraggiungibile…).

Parte bene, De Giovanni: definisce Salerno ‘città sorella’ e fa pure una carezza al ‘caro’ Benevento. Poi si rifà ai ‘servizi sul web’ per dare per concentrarsi sulla ‘distruzione (?) di suppellettili, tavolini, sedie e arredi urbani’; attribuisce a quei ragazzi ‘una rabbia cieca e animale (?) verso qualcosa o qualcuno’.

Chi era in piazza (anziani, ragazzi, donne e bambini) ha visto orde barbariche? La descrizione di De Giovanni corrisponde ad un singolo e circoscritto episodio o alla realtà generalizzata? Salerno, in definitiva, ha espresso gioia o cieca violenza?

Singolare che il proprietario di quel locale di via Roma che ha trasmesso la partita a beneficio di tutti (come sempre fa, anche per quelle del Napoli), unico ad aver subito un (lieve) danno economico allo 0-1 firmato da Anderson, abbia evitato ogni tipo di lamentela.

Ma è solo l’inizio. De Giovanni affonda: “Poi abbiamo dovuto vedere, in più riprese e in orari diversi e in luoghi distanti tra loro della città, un ricorrente coro che indicava, in maniera inequivocabile e purtroppo chiarissima, il comune nemico: i napoletani”.

De Giovanni si mostra ferito. “Ci siamo interrogati a lungo su questa orribile cosa, che ci ha lasciati senza parole”.

Alla Marzullo maniera, quindi, si fa una domanda e si dà una risposta. “Quei cori contro Napoli, lo diciamo con forza, sono espressione di un provinciale e poco intelligente senso di incompiutezza e di inferiorità”.

Eccola l’apoteosi della superiorità napoletana. Enunciata, va però rimarcata. In maniera anche sottile e tagliente, ben più raffinata della più celebre frase del Marchese del Grillo: “Siamo la stessa terra e condividiamo lo stesso mare, abbiamo la stessa storia e ci lega la stessa cultura. Se anche volessimo parlare solo di calcio, su 116 scudetti assegnati soltanto due, al massimo tre, sono stati vinti sotto Roma: non ci pare plausibile una rivalità così profonda da essere ricordata nei cori di un raro momento di vincente felicità, quando l’unico atteggiamento produttivo dovrebbe essere un senso di vicinanza e di comunità di intenti”.

Le conclusioni rafforzano la tesi: “Siamo sicuri che quelli che saltavano come da coro non siano, per la maggior parte, alfabetizzati e che quindi non possano leggere queste righe. Ove non fosse così, gli diremmo: godetevi il momento, invece. E mettete un po’ di impegno a individuare meglio i vostri avversari, perché a quanto pare in questo non siete tanto bravi. Proprio no”.

Reazioni – Se avesse avuto l’intento di stemperare, De Giovanni avrebbe fallito. Il suo editoriale riaccende, potentemente, la rivalità. Sui social i film più visti sono quelli della storica ‘coreografia-10 rotoli di morbidezza’ della Curva Sud e del San Paolo che salta al coro ‘chi non salta di Salerno è’.

Lungo, poi, è l’elenco delle reazioni in città. Tra esse ne riportiamo, esemplificativamente, due. Il medico Antonio Roscia afferma: “Napoli è bizantina e aragonese. Salerno è longobarda e normanna. Due storie diverse”.

L’avvocato Luciano Provenza riprende lo striscione napoletano a Verona dedicato a Giulietta e argomenta su carta: “Caro Maurizio, la tua definizione molto offensiva (ignorante ed analfabeta) della tifoseria salernitana, rea di aver intonato il coro ‘chi non salta napoletano è’ mi ha fatto rimanere basito. Questo tipo di coro lo si canta in tutti gli stadi d’Italia: a Torino, tra granata e bianconeri; a Milano, tra rossoneri e neroazzurri, ecc. ecc. Come vedi, non solo tra tifosi di città vicine, ma addirittura residenti nello stesso quartiere. E’ un sano sfottò! Non comprendo il motivo della tua indignazione. Tra l’altro, i tifosi del Napoli sono famosi in tutta Italia per i loro striscioni oltraggiosi ed irrispettosi, come ad esempio quello sotto pubblicato.  In tali circostanze non mi sembra che tu ti sia mai espresso negativamente verso la tifoseria azzurra. Affermi che i Salernitani sono provinciali e hanno un complesso di inferiorità nei confronti dei napoletani. Proprio tu, che sei uno scrittore colto e preparato, ti rendi protagonista di una becera generalizzazione: tutti i tifosi granata sono ignoranti ed analfabeti perché cantano cori offensivi. Come dire che a Napoli sono tutti camorristi perché c’è la camorra. Io amo Napoli, sotto ogni punto di vista (culturale, teatrale, storico, artistico, gastronomico ecc. ) e non mi sento complessato, anzi sono orgoglioso della cultura partenopea. Queste tue considerazioni, del tutto gratuite ed inopportune, sono il segno evidente ed inequivocabile che la promozione della Salernitana in serie A non ti ha fatto piacere. Fattene una ragione, l’anno prossimo ci sarà Napoli-Salernitana. E se vorrai venire all’Arechi, ti farò conoscere una tifoseria che è tra le prime in Italia per solidarietà e sensibilità. Dagli Ultras della Salernitana sono partite iniziative volte ad aiutare e sostenere famiglie con grosse difficoltà economiche costrette ad affrontare ingenti spese per motivi di salute e tante altre ancora. Per non parlare dell’affetto mostrato in occasione della drammatica vicenda del tifoso bresciano deceduto a Salerno. Ma che ne sai, Maurizio, dei tifosi granata. Ho la sensazione che probabilmente conosci poco o nulla del fenomeno calcio e del tifo in generale. Caro Maurizio, continua a scrivere libri e null’altro, perché con poche righe rischi di depauperare in un attimo il successo che meritatamente ti sei conquistato”.

I salernitani non sono napoletani. De Giovanni se ne faccia una ragione.