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Colliano (Sa) – Sono stati rinviati a giudizio dal giudice per le udienze preliminari del tribunale di Salerno, Gerardina Romaniello, gli imputati Biagio Scaglione, Mirela Simion, Daniele Vuocolo, Gerardo Sandro Falcone, Lorenzo Raimo, Gerardo Raimo, Maurizio Torsiello, Marco Gizzi e Gennaro Esposito, ritenuti responsabili a vario titolo, di aver concorso tra loro, utilizzando il metodo mafioso, a mettere in atto delitti contro il patrimonio, contro l’industria ed il commercio, contro la fede pubblica, detenzione di armi, estorsione e ricettazione, per gli attentati esplosivi avvenuti nel 2017, ai danni del bar “Colorado Café” dell’imprenditore Marco Tartaglia, “J’adore Café” dell’imprenditore Gino Carbone e del night club Eden, siti tra i comuni di Colliano, Oliveto Citra e Contursi Terme.
A finire in aula davanti al Gup, anche Gregorio Ursi e Mario Alvaro Carbone. Per Ursi, titolare di un night club e accusato di voler sbaragliare la concorrenza degli altri locali notturni con gli attentati, condannato a 2 anni e 7 mesi di reclusione, il Gup ha accolto la richiesta avanzata dal difensore, l’avvocato Giuseppe Della Monica di patteggiamento, mentre per Mario Alvaro Carbone, ritenuto dagli inquirenti tra gli esecutori materiali delle esplosioni, difeso dall’avvocato Giuseppe Grimaldi, il Gup ha respinto la richiesta di condanna a 8 anni avanzata dal Pm e lo ha assolto perché “il fatto non sussiste”.
Undici le misure cautelari che scattarono a novembre dello scorso anno, a seguito di una indagine condotta dai carabinieri, su richiesta della Procura della Repubblica di Salerno, scaturita dagli attentati dinamitardi che nel 2017 tennero ostaggio della paura decine di imprenditori.
A capo di quella che gli inquirenti definirono una vera e propria organizzazione criminale ben strutturata e organizzata sul territorio della Valle del Sele, dedita alle estorsioni, allo spaccio di sostanze stupefacenti, ai furti nelle abitazioni e di cani di razza, fino alla vendita di banconote false, c’erano l’imprenditore di Colliano e proprietario del ristorante “Roma” sito nel comune di Oliveto Citra, Biagio Scaglione, e l’allora compagna, Mirica Mirela Simion. Era infatti la “coppia diabolica”, secondo gli inquirenti, la mente a capo dell’organizzazione che si serviva di altre dieci persone, questi ultimi erano una sorta di “manovali” dell’organizzazione che aveva l’obiettivo di ottenere l’egemonia sugli affari economici che gravitavano intorno alle attività commerciali legate alla presenza di locali notturni, bar e ristoranti siti in contrada Macchia di Colliano, Ponte di Oliveto e Bagni di Contursi.
A mettere sulle tracce di mandanti ed esecutori gli inquirenti, la testimonianza degli imprenditori vittime delle bombe carta, Gino Carbone, Marco Tartaglia, Daniele Taglianetti e Giovanni Cuozzo, parti civili nel processo, che raccontarono delle minacce ricevute da Scaglione, attualmente unico detenuto presso il carcere Fuorni per altra causa.
Per Scaglione invece, assistito dall’avvocato Vincenzo Morriello, il Gup dovrà ora pronunciarsi sulla richiesta avanzata dal difensore, di revoca della misura cautelare.
Per gli altri invece, assistiti dagli avvocati Vincenzo Morriello, Alfredo Lo Pilato, Pasquale Freda, Ada Carasia, Vincenzo Speranza, Antonio Zecca, Rocco Pecoraro, Michele Cuozzo, Giovanna Eliana Fiore, Antonella Mastrolia e Vincenzo Mazzotta, tutto si discuterà nel processo.