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Salerno – Chi ha realizzato (o ha in corso) lavori agevolati ed è ricorso al ‘bonus facciate’, può optare per la cessione del credito di imposta corrispondente alla detrazione o per lo sconto in fattura, per i lavori iniziati dal 1 gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 2021?

Bonus Facciate – FederCepi Costruzioni rende noto che “la risposta dell’Agenzia delle Entrate è affermativa, nonostante il cambiamento che il Decreto Rilancio, in vigore da maggio 2020, ha apportato ai bonus per i lavori in casa”.

Nel merito: “L’Agenzia delle Entrate ha spiegato che, per effetto del Decreto Rilancio (DL 34/2020), chi ha diritto al bonus facciate può scegliere la detrazione 90% Irpef o Ires in dieci anni; la cessione del credito di imposta corrispondente alla detrazione a fornitori, altri soggetti, banche e istituti di credito; lo sconto in fattura sul corrispettivo dovuto. Queste opzioni sono valide per i lavori realizzati nel 2020 e nel 2021.

Prima dell’entrata in vigore del Decreto Rilancio, la cessione del credito e lo sconto in fattura non erano previsti dalla normativa che ha istituito il bonus facciate.

Il bonus facciate, nato con un’aliquota del 90% e nessun tetto di spesa, rappresentava già un’agevolazione piuttosto conveniente. Per far fronte alla crisi causata dall’emergenza Coronavirus e stimolare la domanda di lavori, il Governo ha varato il Decreto Rilancio, che oltre al pacchetto di detrazioni rafforzate (Superbonus 110%), ha esteso lo sconto in fattura e la cessione del credito a tutti i lavori agevolati. Il Decreto Rilancio è entrato in vigore il 19 maggio 2020, ma ha previsto la possibilità di optare per la cessione del credito o lo sconto in fattura per i lavori iniziati a partire dal 1° gennaio 2020”.

FederCepi Costruzioni fa chiarezza anche su un altro aspetto relativo ai lavori.

Subappalto “I limiti al subappalto – spiega – sono giustificati solo nelle gare di importo inferiore alle soglie comunitarie: per quelle di importo superiore non possono essere posti paletti. È l’interpretazione che il Tar Lazio, con la sentenza 1575/2021, nel merito del conflitto tra la normativa italiana e quella europea in materia di contratti pubblici. Conflitto che è costato all’Italia richiami, procedure di infrazione e una sentenza con cui è stata dichiarata la contrarietà del Codice degli Appalti alle Direttive europee”.

Nello specifico: “Il Tar del Lazio si è pronunciato sul ricorso avente ad oggetto una gara per l’installazione degli ascensori per un importo di 1.718.887,01 euro, statuendo che ‘è considerata contraria al diritto comunitario la previsione di un limite generale’. Tuttavia i limiti possono essere giustificati “dalla natura particolare delle prestazioni da svolgere, come prevede l’articolo 63, paragrafo 2, della Direttiva 2014/24, che stabilisce che negli appalti di lavori le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che alcuni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente’. I giudici del Tar hanno osservato che, come stabilito dalle sentenze della Corte di Giustizia Europea, la normativa italiana contrasta con la Direttiva 2014/24, che si riferisce agli appalti di importo superiore alle soglie comunitarie”.

Le soglie degli appalti sono periodicamente aggiornate. Al momento vigono i Regolamenti 1828 e 1829 dell’Unione Europea. Essi stabiliscono 5.350.000 euro per i lavori, 139mila euro per gli appalti di servizi e forniture e 214mila euro per gli appalti di servizi e forniture aggiudicati da amministrazioni che non sono autorità governative centrali.

Essendo il caso di specie al di sotto della soglia comunitaria per i lavori, il Tar ha concluso che devono essere rispettati i limiti al subappalto imposti dalla normativa italiana. Per questo motivo, ha accolto il ricorso e annullato il bando e il provvedimento di aggiudicazione.