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Salerno – Come ogni matrimonio che si rispetti, l’avvio è sempre nel segno dell’entusiasmo, della voglia di conoscersi e capire pregi e difetti ognuno dell’altro. E in fondo i due sposi si guardano con gli occhi dell’amore, quindi qualsiasi cosa sembra bellissima. Il passare del tempo, però, rappresenta la variabile che può incendiare un sentimento o farlo esplodere. Serve trovare sempre motivazioni. Non c’è parallelo più azzeccato per esprimere il rapporto tra i promessi sposi Lotito e la Salernitana. Una storia iniziata con i granata in difficoltà e con l’intervento risolutivo dell’attuale governatore della Campania, Vincenzo De Luca, il cupido di questa trama, che riuscì a trovare l’anima gemella per la squadra della sua città, Marco Mezzaroma, il quale riuscì a convincere Claudio Lotito a intraprendere questo percorso. Testimone di questa unione, Mara Carfagna, salernitana purosangue. Era il 21 luglio del 2011, la Salernitana si trovava in Serie D. Da quel giorno in poi, la formazione granata ha portato a termine un percorso di risalita arrivando fino all’attuale Serie B. In mezzo una Supercoppa di Seconda Divisione e una Coppa Italia di Lega Pro.

Le crepe in questo rapporto cominciano a vedersi negli anni di cadetteria e la motivazione è relativamente semplice: le ambizioni dei tifosi cozzano con la programmazione della società. Ed è un rapporto senza grande equilibrio perchè da matrimonio si passa al classico rapporto padrone – dipendente con una parola chiave che viene ripetuta spesso: riconoscenza. L’aver risollevato la società e riportata in un palcoscenico degno rispetto al punto di partenza è servito come scudo per il presidente Lotito per difendersi da ogni tipo di accusa ma, a conti fatti, si tratta di una riconoscenza che si dovrebbe fondare su risultati sportivi risibili. Tradotto, che la Salernitana dovesse lasciare la D per risalire rappresenta la quasi normalità della storia.

Una volta raggiunta la cadetteria, l’amore non è stato alimentato a dovere. I tifosi hanno cominciato a desiderare campagne acquisti all’altezza della situazione per cercare di inserirsi nella lotta per la promozione in massima serie. Un’aspirazione normale per chi ha una grande passione legata alla Salernitana. Il problema è che, col passare del tempo, è stato Lotito a dare la sensazione di voler mettere un freno. Forse per una questione di non voler fare il passo più lungo della gamba, forse perchè manca l’interesse per completare la risalita, forse perchè manca proprio la volontà. Un crescendo che non è piaciuto per niente alla tifoseria. Manifestazioni visibili con l’Arechi disertato, striscioni per la città, fino ad arrivare alla manifestazione di ieri nella gara contro il Venezia. In tantissimi all’esterno per chiedere a Lotito di farsi da parte in maniera definitiva.

La pazienza dei tifosi, supportati in questa circostanza anche da quelli del Venezia, è terminata. E non è un caso che sia esplosa adesso. Questo è l’anno del centenario. Una stagione così anonima nell’anno della ricorrenza è francamente poco accettabile. Un po’ come essere il festeggiato e ricevere solo pacche sulle spalle ed essere riconoscenti perchè in tanti si sono presentati alla festa. Il centenario meritava ben altra considerazione da parte di una società che ha cercato di correggere il tiro a stagione in corso. I nomi usciti fuori durante il mercato di riparazione hanno avuto il sapore del fumo negli occhi. Facile dire alla piazza di voler prendere Ceravolo e altri nomi dello stesso livello. La realtà ha prodotto altro, giocatori che non hanno dato il cambio di passo. E i play off diventano un miraggio. Troppo per chi avrebbe voluto vivere un centenario da ricordare. Cento anni di storia non sono pochi, l’anonimato non è il regalo desiderato. E allora ecco che il matrimonio va in crisi, che una delle due parti chiede il divorzio. Ma, come spesso accade, c’è l’altra parte che fa orecchio da mercante e non si decide a mettere la firma dall’avvocato. Il giorno della liberazione non pare così prossimo.