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San Gregorio Magno (Sa) – Prosegue dinanzi al giudice della Prima sezione penale del Tribunale di Salerno, Giuseppe Bosone, l’esame dei testi della difeso nel processo a carico di un imprenditore di San Gregorio Magno, accusato di omicidio colposo e inosservanza delle norme antinfortunistiche sul lavoro, per la morte del falegname Giuseppe Barberio, il 50enne di San Gregorio Magno, trovato senza vita dinanzi ad un capannone industriale adibito a falegnameria dove l’uomo stava effettuando dei lavori di riparazione per conto di un collega nel marzo del 2016.
Il processo che in queste ore ha visto la deposizione dei testi della difesa davanti al giudice, vede imputato il proprietario del capannone adibito a falegnameria sito in località Stritto di San Gregorio Magno dove nel 2016 avvenne l’incidente sul lavoro.
Secondo la Procura di Salerno, l’imprenditore gregoriano in qualità di committente e beneficiario dei lavori effettuati da Barberio presso il capannone di località Stritto, avrebbe posto in essere una condotta di negligenza, imprudenza e imperizia, che avrebbe provocato l’incidente, oltre al mancato rispetto della normativa antinfortunistica e alla mancata verifica preliminare dei requisiti di affidamento dei lavori. In pratica quindi, secondo la Procura di Salerno, l’imprenditore non avrebbe accertato se la vittima possedesse i requisiti idonei e gli strumenti necessari per effettuare i lavori di riparazione del tetto del capannone in totale sicurezza.
La vittima secondo gli accertamenti degli inquirenti che giunsero sul posto, non avrebbe posseduto alcuna competenza tecnico professionale per eseguire quei lavori pericolosi ed inoltre, era sprovvisto di dispositivi di protezione contro la caduta dall’alto.
Condizioni e cause queste, secondo il magistrato, che avrebbero portato la vittima che stava effettuando i lavori di sistemazione del capannone, a poggiare un piede sul materiale plastico del lucernario che sfondò e fece precipitare al suolo Barberio. Nell’impatto, il capannone rimase ferito gravemente alla testa tanto che morì sul colpo a seguito delle gravi fratture riportate.
Vicenda che ora vede l’imprenditore e proprietario del capannone, assistito dall’avvocato Vincenzo Morriello, difendersi in giudizio dall’accusa di omicidio colposo e assenza delle norme antinfortunistiche sul lavoro, mentre la famiglia dell’uomo, difesa dagli avvocati Pasquale Barberio, Antonio Turco e Pasquale Freda, si è costituita parte civile nel processo.