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Eboli (Sa) – San Valentino, tempo di riflessioni…una nostra lettrice dal Vallo di Diano.

“Una lettera tra le fragole.

Nel mio paese, ogni venerdì, si svolge nella piazza centrale il mercato settimanale, sia di abbigliamento che di frutta. La mamma ha acquistato una cassetta di fragole, per fare una bella fragolata da offrire agli amici che sarebbero venuti nel pomeriggio. Mi ha chiesto di lavarle accuratamente e di tagliarle a tocchetti, prima di aggiungervi lo zucchero e la panna. Ho tolto ad una ad una le vaschette di plastica che riempivano la cassetta di legno. Mancavano solo tre vaschette da lavare, quando con mia sorpresa ho visto sotto di esse una busta indirizzata ad un nome straniero e una località sconosciuta. Incuriosita della sorpresa ho aperto la busta che presentava delle macchie rosse causate dal macerarsi delle fragole e mi sono resa conto che era un’emozionante e toccante lettera, scritta in lingua francese, che ho letto e tradotta, che riportava messaggi d’amore indirizzati da un giovane marito africano alla giovane moglie che risiedeva in Niger. La lettera iniziava così:

Cara e adorata Adammadopo un mese rispondo alla tua dolcissima lettera. Ti chiedo scusa per non averlo fatto prima, anche se ti ho pensata ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo. Ho dovuto lavorare molto nelle serre del padrone: in questo periodo si fa la raccolta delle fragole, se ne devono riempire tantissime cassette. Lavoriamo anche dieci ore al giorno. Quando torno nel capannone, a volte mi addormento senza neanche mangiare: la stanchezza supera la fame ed è solo per questo che non ti ho scritto prima. Di notte ti sogno sempre e sogno i nostri amici, la nostra casa, i nostri parenti. Malgrado la povertà che ci circondava, il nostro paese mi è rimasto nel cuore, insieme ai suoi profumi e soprattutto al profumo della tua pelle, dei tuoi capelli e dei fiori che la natura ci regalava senza che noi li coltivassimo, soprattutto quelli dei cactus del deserto del Sahara. Quando ho dovuto lasciarti per cercare un paese migliore senza guerra, ho pensato a quella felicità che avrei potuto donarti: una piccola casa, un modesto guadagno che permettessero a te e a me quella famiglia che prima di sposarci abbiamo sempre sognato, tenendoci per mano e guardando nella stessa direzione. Avrei voluto diventare medico per curare la nostra gente ammalata e senza farmaci, ma ho dovuto interrompere gli studi, perché studiare costava troppo e i miei genitori, avendo altri quattro figli, non potevano permetterselo. Per un sogno che non si è realizzato, vorrei che altri se ne realizzassero. Quando raccolgo le fragole, non chiamarmi romantico, vedo tra le mie mani nere tanti piccoli cuori rossi e penso a quelli che avrei potuto curare se fossi diventato cardiologo. Sembra che gli italiani abbiano scelto per noi, come lavoro, il colore più bello della loro bandiera: infatti fra poco   finiremo di raccogliere la fragole ed inizieremo a raccogliere i pomodori. Gli italiani si rifiutano di lavorare sotto le serre perché vorrebbero essere pagati di più. Noi accettiamo di farlo a minor prezzo e per   più ore, solo perché abbiamo più bisogno economico di loro, anche perché il nostro fisico per natura riesce a sopportare meglio il caldo torrido della stagione estiva, in quanto le temperature della nostra Africa superano spesso i quarantaquattro-quarantacinque gradi. Sento il bisogno di fare un bagno nel nostro fiume; qui la cosa che manca di più nei capannoni è proprio l’acqua. Io più degli altri, avendo studiato medicina, mi rendo conto quanto sia rischioso per la salute di noi tutti non poterci lavare e non avere servizi igienici. Ci siamo abituati tutti all’odore nauseabondo che c’è nei nostri capannoni. Purtroppo gli Italiani, quando passano sulla strada nei pressi delle nostre “abitazioni”, chiudono i finestrini delle loro auto, con aria di disgusto, accusandoci per il sudiciume. Per te, amore mio, sopporto anche le parole della lingua italiana che ho imparato a capire e riconosco offensive. Spesso mi chiedo: “Era questa la felicità che sognavamo di raggiungere?” Non aveva certo quest’odore. Aveva però il sapore delle dolci fragole che il padrone ogni tanto ci regala alla fine di una giornata di lavoro. Quando ti penso, mi sento in colpa di non averti portata con me. Non l’ho fatto solo perché avevo capito che era rischioso per la tua vita e volevo che tu non sopportassi le ore di viaggio in quel barcone stipati uno sull’altro peggio dei chicchi di riso che compravamo nel sacco di juta. Quando stavamo quasi arrivando al porto di Salerno, ci siamo accorti che c’erano delle donne e dei bambini che erano morti, perché schiacciati dalla massa, e uomini anziani già ammalati che non sono riusciti a toccare la terra desiderata. Molti sono morti senza emettere nessun lamento, forse per non spaventare chi era loro vicino. Gli scafisti che hanno preso tutti i nostri soldi non hanno avuto nessuno scrupolo nel caricare sui loro barconi il triplo o il quadruplo del numero che essi potevano contenere. Il mare agitato e le tempeste hanno fatto da cornice ad un viaggio orrendo e senza alcuna sicurezza di arrivo. Amore mio, mi manchi, vorrei averti vicino, ma dove potrei tenerti? Per me sei così preziosa che non vorrei tu rischiassi la vita in questo putrido inferno dove noi alloggiamo. Ogni mese, ti manderò i soldi che guadagno. Anche se è poco a te basteranno di sicuro, perché la vita da noi non è cara, e qui io non spendo quasi nulla in divertimenti, perché non avrei né la voglia né la forza per farlo. Mia cara, sei solo tu, ora, il mio sogno da realizzare, purtroppo non in questo luogo, ma in un posto che sia più ACCOGLIENTE E TOLLERANTE, anche per il colore della nostra pelle. Qualche giorno fa, io ed alcuni del nostro capannone siamo andati a comprare del pane. Ci eravamo ripuliti alla meglio perché abbiamo chiesto alla Caritas della nostra zona di poter fare della docce e di avere degli abiti freschi e puliti. Malgrado ciò un gruppo di ragazzi italiani ci ha chiamati: “Sporchi negri!  Perchè venite dalla vostra Africa a rubarci il lavoro?  Perchè  non rimanete dove siete nati? I nostri bambini, quando vi vedono, pensano di incontrare l’uomo nero e piangono tutta la notte. Dobbiamo chiudere le nostre case, perché siamo sicuri che a violentare le nostre donne e a rubare siete certamente voi!”. Accuse ingiuste e ingiustificate, alle quali non abbiamo risposto, continuando a camminare fino al forno. Ci siamo sentiti però come cani rognosi che vengono allontanati a calci da ogni casa. A proposito di “rogna”, sembra proprio che questa malattia chiamata in Italiano ”scabbia” si stia divertendo a colpire tutti quelli che scappano dalla nostra terra. Perciò, quando arriviamo sulle coste, dobbiamo subire la quarantena. Parecchie delle ragazze del nostro paese ed anche alcune che tu conosci, arrivate in Italia, non hanno trovato lavoro nelle serre o nelle case come badanti agli anziani o come baby-sitter dei bambini degli Italiani, ma è stata offerta loro da parte di uomini senza scrupoli la possibilità di fare il lavoro più vecchio del mondo. Proprio qui ad Eboli lungo le strade, sia di giorno che di notte, vedo ragazzine e giovani donne che vendono il proprio corpo in cambio di pochi soldi e spesso qualcuna, volendosi ribellare a tale sfruttamento, è stata anche uccisa. Io penso a te e alle mie due sorelle e sento il mio orgoglio africano che si ribella e mi ribolle il sangue. La nostra Africa, così intatta nella sua natura, vorrebbe umanizzarsi per difendere i suoi figli e soprattutto le sue figlie, purtroppo non può farlo e tutto continua sempre uguale ogni giorno nell’indifferenza delle istituzioni e di chi avrebbe il dovere di difenderci. Purtroppo si ricordano di noi solo quando gli scafisti ci gettano a mare e quando ne muoiono tanti: solo allora promettono di far cambiare le cose e di punire chi ci illude con miraggi irraggiungibili. L’Italia rappresenta per noi il nord della nostra Africa. Cerchiamo solo di fuggire dalla guerra, dalla fame e dalla disperazione, rischiando di morire ancora prima che possa ucciderci la guerra, la fame e la disperazione. Perché le altre Nazioni non pensano che, quando ci sono state altre guerre, tutti sono fuggiti dai propri Paesi, cercando la salvezza? Ci sembra che l’indifferenza, soprattutto dell’Europa e degli Stati Uniti, possa incrementare l’illegalità e la mancanza di scrupoli di chi ci paragona ad oggetti inutili e pesanti da gettare a mare come zavorra, di cui liberarsi senza alcuna pietà. Scusami, amore, se mi sono dilungato nelle notizie di cronaca che i giornali del luogo riportano e poi cancellano. L’importante per me è che tu sia al sicuro presso la casa dei miei genitori e che dorma nella stanza centrale, che è più difficile da essere attaccata dall’esterno. Nella casa di mio padre non ci sono ricchezze materiali, poiché la povertà le ha mangiate per fame una ad una. Per me tu sei il tesoro più importante della mia vita, ti lascio, perché fra poco è quasi l’alba e i pullmini passano sulla strada a prenderci per condurci verso le serre profumate di fragole miste a sudore. Ti stringo forte a me con il pensiero, così come quando lo facevo realmente e tu mi dicevi: “Attento, che mi stai spezzando tutta!”.

Dopo aver letto con emozione la bellissima storia che legava i giovani coniugi lontani chilo metricamente, ma legati da un sentimento così forte, ho sentito la voce di mia madre che aspettava le fragole che non erano del tutto lavate. Ne mancavano infatti ancora tre vaschette e mi ero allontanata dalla realtà della casa e della mia famiglia, avvicinandomi alla triste realtà vissuta da Akif e dai suoi connazionali che, cercando la salvezza per sè e per i propri cari, a volte trovano la morte. Non sapendo cosa fare per far recapitare la lettera allo scrivente, ho cambiato solo la busta sporca, scrivendo l’indirizzo che era sulla busta precedente. Mi sono recata presso l’ufficio postale, ho comprato un francobollo che ho affisso su di essa, mettendo nella buca insieme alla lettera anche il mio desiderio di fare felice una giovane donna che aspettava con ansia notizie dal suo caro e affettuoso marito”.

Maria Antonietta Rosa