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Atena Lucana (Sa) – “I Comuni del Vallo di Diano si costituiscano parte civile nel processo sullo sversamento dei rifiuti nei terreni”. A chiederlo, in una nota, a firma del presidente onorario Roberto De Luca, è il Codacons del Vallo di Diano, che –“ringrazia la Magistratura inquirente e le forze dell’ordine per aver sventato il pericolo di ulteriori danni ambientali nel Vallo di Diano, invitando i cittadini a tenere alta l’attenzione sulle questione ambientali”.

Una nota che arriva all’indomani dell’arresto di sette persone, residenti nel Vallo di Diano, accusati di inquinamento ambientale e di associazione per delinquere finalizzata alla gestione e allo smaltimento del traffico illecito di rifiuti nei terreni siti tra Polla, Atena Lucana e Sant’Arsenio.

Associazione criminale camorristica facente parte, secondo gli inquirenti, del ramo dei casalesi, legati alla figura di Raffaele Diana, per la gestione del traffico illecito di rifiuti e nello smaltimento di fanghi tossici nella Regione Basilicata. Vicenda che ha fatto scattare l’immediato invito da parte del Codacons ai Comuni per costituirsi parte civile nel processo, ricordando che il Vallo di Diano da terra ricca di biodiversità e aree naturali da proteggere sia stato trasformato in aree industriali.

“A Silla di Sassano avevamo un’oasi naturale che ospitava specie avicole di vario tipo (taccole, beccaccini, anatre, etc.), riconosciuta di pregio ambientale da uno studio della Comunità Montana del lontano 2003: il boschetto paleo-palustre. Questo sito-ricorda Roberto De Luca- adesso è diventato una zona industriale dove le opere di prima urbanizzazione sono state effettuate da una ditta di Casal di Principe.

A Teggiano – aggiunge- un altro sito di pregio ambientale: l’areale della cicogna sita in località Pantano vi è un’altra zona industriale. La nostra associazione – dice – stilò e fece recapitare un’interrogazione parlamentare al gruppo dei Verdi su queste due zone industriali create a distanza di pochi chilometri l’una dall’altra. Tale interrogazione – denuncia il docente e presidente onorario del Codacons- fu prima presentata al Ministro dell’Ambiente dell’epoca e poi ritirata, essendo prontamente intervenuto allo scopo un parlamentare successivamente chiamato a ricoprire il ruolo di Presidente dell’Ente Parco.
Può sembrare un episodio poco significativo, inoltre, il ritrovamento e la segnalazione di una vena di acqua sulfurea nella zona pedemontana che va da Silla a Teggiano, ignorata da tutti, soprattutto da chi avrebbe potuto e dovuto indagare sulle caratteristiche del fluido che spontaneamente sgorga, primavera dopo primavera, nei pressi di un “ex-macello” adesso isola ecologica a Silla di Sassano: un esempio plastico di eterogenesi dei fini, da far studiare a scuola.

In questo scenario culturale e politico – amministrativo – scrive De Luca – fioriscono competenze e abilità, quali quelle scoperte dagli investigatori a più riprese. Quale destino ebbe il grido d’allarme che lanciammo nel 2007, in seguito alla chiusura delle indagini che diedero vita al cosiddetto processo “Chernobyl”? Eravamo inizialmente in tanti a voler comprendere a fondo cosa fosse realmente successo al nostro territorio. Col tempo, dopo undici lunghi anni, non è stata solo la prescrizione di alcuni reati a minare la fiducia dei cittadini nell’efficacia delle misure che uno Stato giusto può adottare per scongiurare un irreversibile degrado del nostro Pianeta, ma anche l’indifferenza di molti e la tracotante supponenza di pochi, salvo poi scoprire che, primavera dopo primavera, non è il verso di una taccola, che sfiora le cime del boschetto paleo-palustre, ormai quasi inesistente, o il gorgoglio di calde sorgenti sulfuree, ma il rombare delle eliche degli elicotteri o il suono di una sirena a ricordarci lo stato dei nostri luoghi”.